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NOVELLE ROMENE 83


le stridevano i denti. Il servo, aiutato da due donne la portò nella sua camera. Dopo qualche momento egli uscì, asciugandosi le mani — l’aveva morso.—

— Che c’è? domandò il pope confuso.

— Ecco, peccati!

E senza insistere troppo, il pope seppe quanto fosse cattiva e ammalata la padrona, la moglie del Prefetto. Uno scorpione! bastonava i servi a sangue, li pungeva con aghi, li bruciava col ferro dei ricci riscaldato allo spirito... e quando si stancava, le durava l’accesso, rideva, piangeva, gridava e restava delle ore intere rigida... Doveva essere fregata con spazzole dure, battuta con ramoscelli sottili e avvolta nel fumo di certi medicamenti forti, finché recuperasse la conoscenza.

Il pope si fece il segno della croce e si sedette di nuovo per aspettare. Solo tardi il Prefetto uscì per condurre fino allo scalone un bojaro vecchio. Finito che ebbe, scorse il pope, che stava umiliato in piedi. Scambiarono due parole, si riconobbero subito. Il pope disse a mezza voce:

«Vorrei, eccellentissimo signor Prefetto, comunicarle una cosa che mi pesa sull’anima... a quattr’occhi... ma a quattr’occhi»... Perchè aveva an-