Pagina:Carli - Noi arditi, 1919.djvu/51

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Mitragliatrici postate allo scoperto e coraggiosamente manovrate infliggono al nemico altre perdite sanguinosissime, ma i vuoti tra le Fiamme si fanno sempre più profondi.

I superstiti sono ormai ridotti a pochi; quasi tutti gli ufficiali sono caduti morti o feriti. Il maggiore Messe è anche lui ferito da una scheggia di bomba a mano, durante un asprissimo e terribile duello con un ufficiale ungherese, ma rifiuta di lasciare il terreno del combattimento e sostenuto da due Arditi continua a dirigere la lotta. Tutti, sull’esempio del maggiore, si moltiplicano e tengono testa ad un nemico venti volte superiore. Lo stendardo delle donne di Potenza è sempre in alto e dove la mischia è più feroce.

L’ufficiale che lo porta, il tenente Zanfarino, è colpito alla gola da una scarica di mitragliatrice che gli recide la carotide. Il maggiore Messe che gli è vicino si fa dare lo stendardo, cerca di fasciare alla meglio il ferito, ma Zanfarino non lo lascia fare: «È inutile», riesce a dire; poi, con uno sforzo, si regge ancora sulle gambe e scaraventa contro il nemico che gli è vicinissimo con l'ultimo sangue l' ultimo grido: «Italia!». Le Fiamme sono ormai un pugno soltanto mentre il nemico spinge sempre più


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