Pagina:Carli - Noi arditi, 1919.djvu/8

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d’Italia è stata scaraventata nelle trincee senza che alcuno pensasse a valorizzare le sue qualità più precipue, il suo carattere sfrenato e temerario, a portare alla superficie il suo fondo allegro e sano, a scoprire e a sfruttare le sue possibilità acrobatiche, le sue iniziative avventuresche e rompicolliste. Di essa si era formata un’enorme moltitudine grigia, uniforme, dolorosa, da cui scaturivano qua e là fiamme e scintille anonime che meravigliavano il mondo. Ma erano anonime; qui stava il male. Perchè non dar loro un nome?

L’anima italiana gemeva incatenata in questa sua condanna di creare lampi di bellezza stupenda, senza che alcuno potesse trovarne la fonte e consacrarla alla gloria. Si tendeva al collettivismo germanico. Gravissimo errore! Quante volte, in presenza di un fatto stupefacente, compiuto da uno dei nostri, da un umile fante, numero perduto nella totalità, si esclamava:

— Ma questo supera in ardimento e in bellezza qualunque eroe antico! Costui dovrebbe uscire dai ranghi, essere un capo, una luce!

Ma chi ne parlava? Chi sapeva di lui? Chi

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