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Una breve storia personale
del software libero

Abbiamo visto cosa significa “aperto”, in generale e quali possono essere le dinamiche che prevengono l’apertura. Abbiamo anche visto le dinamiche che rimuovono le chiusure e fanno di ciò che sarebbe “chiuso” qualcosa di “aperto”.

Ora è tempo di applicare le conoscenze appena conseguite. Iniziamo dal campo che ha dato per primo e con maggiore dovizia spunti e strumenti all’apertura dei prodotti intellettuali: il software. E cominciamo da come io sono giunto a conoscere il software libero. Genesi, capitolo primo.

In principio era l’ignoranza

Ricordo la prima volta che ne sentii parlare. In un trafiletto su qualche ormai dimenticata rivista si parlava di alcuni tizi, prevalentemente in ambito universitario (MIT) i quali sostenevano – anatema! – che il software dovesse essere libero. E menzionava il nome di questa accozzaglia di matti: la Free Software Foundation.

Per me, giovane praticante avvocato cresciuto in uno studio che faceva della tutela del software uno dei fiori all’occhiello, era cosa inaudita, che ovviamente non avrebbe mai avuto nessun seguito, se non tra questi che sicuramente erano hippy dalla dubbia igiene.