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Le licenze di software libero (open source) | 39 |
ze servono a soddisfare esigenze specifiche e sono in parte giustificabili, nella maggior parte dei casi la mia opinione è che meno è meglio. Nel dubbio se usare una licenza e scriverne una, contare fino a diecimila e poi comunque abbandonare l’idea.1
divisione tra vari livelli di copyleft
Dicevo, esistono grandi famiglie di licenze, che coprono da sole la gran parte del software realizzato e distribuito. Il resto è “coda lunga” (long tail), traducibile anche con “rumore di fondo”: poco rilevante, ma sempre rumore.
Uno degli aspetti più importanti delle licenze, il primo che ricerco in una nuova licenza, è: “quanto copyleft?”. Solitamente si definiscono tre livelli di copyleft, nel software: copyleft forte, copyleft debole, nessun copyleft (alle tre si aggiunga anche il cosiddetto “network copyleft”, di cui parleremo più avanti).. Nessuno è in grado di definire con precisione dove inizia uno e finisce l’altro; teniamo queste distinzioni come categorie di massima.
“Nessun copyleft” è abbastanza facile da capire: il codice sviluppato può essere preso, modificato, rilicenziato, senza che il codice così risultante debba
- ↑ Parlo come autore di una licenza sottoposta e mai approvata da OSI: la licenza MXM (https://www.linuxjournal.com/content/ should-open-source-licence-ever-be-patent-agnostic), sviluppata con Leonardo Chiariglione per MPEG.