Pagina:Caro, Annibale – Opere italiane, Vol. I, 1912 – BEIC 1781382.djvu/108

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attaccarci a voi ed agli scritti vostri? Si; ma bisognerebbe che voi non foste come il fuco, che non fa mèle e si mangia quello degli altri. Infino a ora non si vede altro del vostro, che certe letteruzze di fava, che sono piú tosto scomuniche che lettere, e, dalle vostre laudi infuori, non c’è dentro se non biasimi d’altri, con una certa grammaticuzza arrabbiata e con una imitazion d’antichitá stirata e secca tanto, che non ne magnerebbeno r cani; dove che, per insegnare altrui, bisogna cacciar fuori cose megliori che dagli altri non son fatte. —To’ del legno, e fa’ tu — disse Donato al Brunellesco, — se vuoi che impari di fare i crocifissi da te. — Ma fate a mio modo: non vi ci mettete; perché ci vedrete manco per voi che per altri, ancora che vi paia d’esser Argo per tutti.

Castelvetro — Opposizion XVII

Brevemente, per non iscriver piú: io non vi veggo modo di dir puro e naturale della lingua poetica, né sentimento riposto e vago. Ma non mostrate queste cianze o le dite come mie a niuno. Io mi sono indotto a scriverle per compiacervi. E l’argomento della canzone è nulla.

Predella

Se aveste tanto provato quanto avete detto, ragionevolmente abbreviereste i termini, per venire a questa vostra definitiva sentenza. Ma dalle risposte che vi son fatte, arete veduto come i vostri detti conchiuggono; e però sarebbe necessario che non faceste ancora questo proposito di non iscriver piú: anzi devreste scrivere ancora quel che vi resta, per non frodare il mondo della vostra dottrina e di tante altre belle cose, che son rimase in arcanis della mirabile speculazion vostra. Ma, quando pur vogliate averla fulminata, con vostra buona grazia, messer lo giudice, ce n’appelliamo; perché in veritá ci pare che abbiate detto qualche cosetta in pregiudizio di questa canzone, poiché