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CANZONE DEL CARO

in lode della casa di francia

     Venite all’ombra de’ gran gigli d’oro,
care muse, devote a’miei giacinti:
e d’ambo insieme avinti
tessiam ghirlande a’ nostri idoli, e fregi.
E tu, signor, ch’io per mio sole adoro,
perché non sian dall’altro sole estinti,
del tuo nome dipinti,
gli sacra, ond’io lor porga eterni pregi:
ché por degna corona a tanti regi
per me non oso: e ’ndarno altri m’ invita,
se l’ardire e l’aita
non vien da te. Tu sol m’apri e dispensi
Parnaso: e tu mi desta, e tu m’aviva
lo stil, la lingua e i sensi,
si eh’altamente ne ragioni e scriva.
     Giace, quasi gran conca, infra due mari
e due monti famosi, Alpe e Pirene,
parte delle piú amene
d’Europa, e di quant’anco il sol circonda:
di tesori e di popoli e d’altari,
ch’ai nostro vero nume erge e mantene,
di preziose vene,
d’arti e d’armi e d’amor madre feconda.
Novella Berecintia, a cui gioconda
cede l’altra il suo carro e i suoi leoni:
e sol par ch’incoroni
di tutte le sue torri Italia e lei: