Pagina:Castiglione - Il libro del Cortegiano.djvu/207

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libro terzo. 191


nata di tanta modestia e gentil costumi, che non men per questo che per la bellezza era maravigliosa; e sopra l’altre cose con tutto il core amava suo marito, il quale si chiamava Sinatto. Intervenne che un altro gentiluomo, il quale era di molto maggior stato che Sinatto, e quasi tiranno di quella città dove abitavano, s’inamorò di questa giovane; e dopo l’aver lungamente tentato pet ogni via e modo d’acquistarla, e tutto in vano, persuadendosi che lo amor che essa portava al marito fosse la sola cagione che ostasse a’ suoi desiderii, fece ammazzar questo Sinatto. Così poi sollicitando continuamente, non ne potè mai trar altro frutto che quello che prima avea fatto; onde, crescendo ogni di più questo amore, deliberò torla per moglie, benchè essa di stato gli fosse molto inferiore. Così richiesti li parenti di lei da Sinorige (chè così si chiamava lo innamorato), cominciarono a persuaderla a contentarsi di questo, mostrandole, il consentir essere utile assai, e ’l negarlo pericoloso per lei e per tutti loro. Essa, poi che loro ebbe alquanto contradetto, rispose in ultimo, esser contenta. I parenti fecero intendere la nuova a Sinorige; il qual allegro sopra modo, procurò che subito si celebrassero le nozze. Venuto adunque l’uno e l’altro a questo effetto solennemente nel tempio di Diana, Camma fece portar una certa bevanda dolce, la quale essa avea composta; e così davanti al simulacro di Diana in presenza di Sinorige ne bevvè la metà; poi di sua mano, perchè questo nelle nozze s’usava di fare, diede il rimanente allo sposo; il qual tutto lo bevvè. Camma come vide il disegno suo riuscito, tutta lieta appiè della imagine di Diana s’inginocchiò, e disse: O Dea, tu che conosci lo intrinseco del cor mio, siami buon testimonio, come difficilmente dopo che ’l mio caro consorte morì, contenuta mi sia di non mi dar la morte, e con quanta fatica abbia sofferto il dolore di star in questa amara vita, nella quale non ho sentito alcuno altro bene o piacere, fuor che la speranza di quella vendetta che or mi trovo aver conseguita: però allegra e contenta vado a trovar la dolce compagnia di quella anima, che in vita ed in morte più che me stessa ho sempre amata. E tu, scelerato, che pensasti esser mio marito, in iscambio del letto nuziale dà or-