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68 | il cortegiano |
cor molti altri segni di benivolenza d’Alessandro verso
d’Apelle; ma assai chiaramente dimostrò quanto lo estimasse,
avendo per publico comandamento ordinato che niun altro
pittore osasse far la imagine sua. Qui potrei dirvi le contenzioni
di molti nobili pittori con tanta laude e maraviglia
quasi del mondo; potrei dirvi con quanta solennità gli imperadorì
antichi ornavano di pitture i lor trionfi, e ne’ lochi
publici le dedicavano, e come care le comperavano; e che
siansi già trovati alcuni pittori che donavano l’opere sue,
parendo loro che non bastasse oro nè argento per pagarle;
e come tanto pregiata fosse una tavola di Protogene, che essendo
Demetrio a campo a Rodi, e possendo intrar dentro
appiccandole il foco dalla banda dove sapeva che era quella
tavola, per non abrusciarla restò di darle la battaglia, e così
non prese la terra; e Metrodoro, filosofo e pittore eccellentissimo,
esser stato da Ateniesi mandato a Lucio Paolo per
ammaestrargli i figlioli, ed ornargli il trionfo che a far avea.
E molti nobili scrittori hanno ancora di quest’arte scritto; il
che è assai gran segno per dimostrare in quanta estimazione
ella fosse: ma non voglio che in questo ragionamento più ei
estendiamo. Però basti solamente dire, che al nostro Cortegiano
conviensi ancor della pittura aver notizia, essendo onesta
ed utile, ed apprezzata in que’ tempi che gli uomini
erano di molto maggior valore che ora non sono: e quando
mai altra utilità o piacer non se ne traesse, oltra che giovi
a saper giudicar la eccellenza delle statue antiche e moderne,
di vasi, d’edifici, di medaglie, di camei, d’intagli e
tai cose, fa conoscere ancor la bellezza dei corpi vivi, non
solamente nella delicatura de’ volti, ma nella proporzion di
tutto il resto, così degli uomini come di ogni altro animale.
Vedete adunque come lo aver cognizione della pittura sia
causa di grandissimo piacere. E questo pensino quei che
tanto godono contemplando le bellezze d’una donna che
par lor essere in paradiso, e pur non sanno dipingere: il che
se sapessero, arian molto maggior contento, perchè più perfettamente conosceriano quella bellezza; che nel cor genera
lor tanta satisfazione.
LIII. Rise quivi messer Cesare Gonzaga, e disse: Io già