Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/321

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ine, non lo’ pare sentire né ricevere né providenzia mia né bontá veruna: par lo’ essere privati d’ogni bene. E, perché sonno aciecati dalla propria passione, non vi cognoscono la ricchezza che v’è dentro, né il fructo della vera pazienzia: anco ne tragono morte, e gustano in questa vita l’arra de l’inferno. E Io, con tucto questo, non lasso per la mia bontá che Io non lo’ provegga. Cosi, comando a la .terra che dia de’fructi al peccatore come al giusto, e cosi mando el sole e la piova sopra el campo suo come sopra quello del giusto, e piú n’avará spesse volte il peccatore che ’l giusto.

Questo fa la mia bontá per dare piú a pieno delle ricchezze spirituali ne l’anima del giusto che per mio amore s’è spogliato delle temporali, renunziando al mondo, con tucte le sue delizie, e a la propria volontá. Questi sonno quegli che ingrassano l’anima loro, dilatandosi ne l’abisso della mia caritá: pèrdono in tucto la cura di loro medesimi, che non tanto delle mondane ricchezze, ma di loro non possono avere cura. Alora Io so’ facto el loro governatore spiritualmente e temporalmente: uso una providenzia particulare, oltre a la generale; ché la clemenzia mia, Spirito sancto, se lo’ fa servo che gli serve. Questo sai, se ben ti ricorda d’avere lecto nella vita de’ sancti padri, che, essendo infermato quello solitario, sanctissimo uomo che tucto aveva lassato sé per gloria e loda del nome mio, la clemenzia mia providde e mandò uno angelo perché ’l governasse e provedesse a la sua necessitá. El corpo era sovenuto nel suo bisogno, e l’anima stava in admirabile allegrezza e dolcezza per la conversazione de l’angelo.

Lo Spirito sancto gli è madre che ’l nutrica al pecto della divina mia caritá. Egli l’ha facto libero, si come signore, tollendoli la servitudine de l’amore proprio; ché dove è il fuoco della mia caritá non vi può essere l’acqua di questo amore, che spegne questo dolce fuoco ne l’anima. Questo servidore dello Spirito sancto, che io l’ho dato per mia providenzia, la veste, nutrica e inebbria di dolcezza e dálie somma ricchezza. Perché tucto lassoe, tucto truova; perché si spogliò tucto di sé, si truova vestito di me; fecesi in tucto servo per umilitá, e però è facto