Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1912 – BEIC 1785736.djvu/359

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che il desiderio tuo e de’ servi miei Io l’adempirò col molto sostenere infino alla morte. Ma confortati ed exulta in me, che so’ tuo difenditore e consolatore.

Ora ho satisfacto al parlare della providenzia, della quale tu mi pregasti che Io provedesse alla necessitá delle mie creature, e hai veduto che Io non so’ dispregiatore de’ sancii e veri desidèri.

CAPITOLO CLIII

Come questa anima, laudando e ringraziando Dio, el prega che esso le parli de la virtú de la obedienzia.

Allora quella anima, come ebbra, innamorata della vera e sancta povertá, dilatata nella somma, etterna grandezza, e transformata ne 1’ abisso della somma e inextimabile providenzia (intantoché, stando nel vassello del corpo, si vedeva fuore del corpo per la obunbrazione e rapire che facto aveva il fuoco della sua caritá in lei), teneva l’occhio de l’intellecto suo fixo nella divina rnaiestá, dicendo al sommo e etterno Padre:

— O Padre etterno ! O fuoco e abisso di caritá ! O etterna bellezza, o etterna sapienzia, o etterna bontá, o etterna clemenzia, o speranza, o refugio de’ peccatori, o larghezza inextimabile, o etterno e infinito bene, o pazzo d’amore! E hai tu bisogno della tua creatura? Si, pare a me; ché tu tieni modi come se senza lei tu non potessi vivere, conciosiacosaché tu sia vita, dal quale ogni cosa ha vita e senza te neuna cosa vive. Perché dunque se’ cosi inpazzato? Perché tu t’innamorasti della tua factura, piacestiti e dilectastiti in te medesimo di lei, e, come ebbro della sua salute, ella ti fugge, e tu la vai cercando; ella si dilonga, e tu t’appressimi: piú presso non potevi venire che vestirti della sua umanitá. E che dicerò? Farò come Troglio che dicerò: — A, a, — perché non so che mi dire altro, però che la lingua finita non può exprimere l’affecto de l’anima che infinitamente desidera te. Parmi ch’io possa dire la parola di Pavolo, quando disse: «Né lingua