Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/37

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vita, spesse volte, per loro difetto, loro dá morte, cioè il prezioso sangue dell’unigenito mio Figliuolo, el quale tolse la morte e la tenebre e donò la luce e la veritá, e confuse la bugia.

Ogni cosa donò questo sangue e adoperò intorno alla salute e a compire la perfezione nell’uomo, a chi ,si dispone a ricévare; ché, come dá vita e dota l’anima d’ogni grazia (poco e assai, secondo la disposizione e affetto di colui che riceve), cosi dá morte a colui che iniquamente vive. Si che dalla parte di colui che riceve, ricevendolo indegnamente con la tenebre del peccato mortale, a costui gli dá morte e non vita. Non per difetto del Sangue, né per difetto del ministro che fusse in quello medesimo male o maggiore : però che ’l suo male non guasta né lorda il Sangue, né diminuisce la grazia e virtú sua, e però non fa male a colui a cui egli el dá; ma a se medesimo fa male di colpa, alla quale gii séguita la pena ,se esso non si corregge con vera contrizione e dispiacimento della colpa sua.

Dico dunque che fa danno a colui che ’1 riceve indegnamente, non per difetto del Sangue né del ministro (come detto è), ma per la sua mala disposizione e difetto suo, che con tanta miseria e immondizia ha lordata la mente e il corpo suo e tanta crudeltá ha avuta a sé e al prossimo suo. A sé l’ebbe tallendosi la grazia, conculcando sotto e’ piei dell’affetto suo el frutto del Sangue die trasse del santo battesimo, essendoli giá tolta per virtú del Sangue la macchia del peccato originale, la quale macchia trasse quando fu conceputo dal padre e dalla madre sua. E però donai el Verbo dell’unigenito mio Figliuolo perché la massa dell’umana generazione era corrotta per lo peccato del primo uomo Adam, e però tutti voi, vaselli fatti di questa massa, eravate corrotti e non disposti ad avere vita eterna.

Unde per questo Io, altezza, unii me con la bassezza della vostra umanitá : per remediare a la corruzione e morte de l’umana generazione, e per restituirla a grazia, la quale per lo peccato perdé. Non potendo sostenere pena (e della colpa voleva la divina mia giustizia che n’escisse la pena) e non essendo sufficiente