Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/388

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suo nemico, mentre che egli ha che spendere: non avendo che, la necessitá vel mena. Bene fecero dunque gli obbedienti, che volsero osservare il voto della povertá per non avere che spendere, acciò che non gli traesse della soave mensa del refettorio, dove l’obbediente nutrica in pace e in quiete l’anima e’1 corpo. Non ha pensiere d’apparecchiare né provedersi come il misero; el quale misero, al gusto suo, il visitare il refettorio gli pare amaro, e però il fugge.

Al coro sempre vuole essere l’ultimo a intrare e il primo che n’esca. Con le labbra sue s’approssima a me, e col cuore se ne dilunga. Il capitolo, per timore della penitenzia, il fugge volentieri quando egli può : lo starvi fa come se fusse suo nemico mortale, con vergogna e confusione nella mente sua (quello che nel commettere e colpe non ebbe, non vergognandosi di commettere la colpa de’peccati mortali). Chi ne gli è cagione? La disobbedienzia. Egli, non vigilia né orazione, e non tanto l’orazione mentale, ma spesse volte l’officio, ad che egli è obligato, non il dirá; non caritá fraterna, ché egli non ama altro che sé, non d’amore ragionevole, ma d’amore bestiale. Tanto sonno e’mali che li caggiono in capo al disobbediente, tanti sono i dolorosi frutti suoi, che la lingua tua non gli potrebbe narrare.

Oh disobbedienzia, che spogli l’anima d’ogni virtú e vestila d’ogni vizio ! Oh disobbedienzia, che privi l’anima del lume dell’obbedienzia, tollile la pace e da’ le la guerra, tollile la vita e da’le la morte, traendola della navicella deH’os,servanzie dell’ordine, affoghila nel mare, facendola notare sopra le braccia sue e non sopra quelle dell’ordine. Tu la vesti d’ogni miseria, fa’la morire di fame, tollendole il cibo del merito dell’obbedienzia. Tu le dái continua amaritudine, e privila d’ogni diletto di dolcezza e d’ogni bene, e fa’la stare in ogni male. In questa vita le fai portare l’arra de’crociati tormenti; e, se egli non si corregge inanzi ch’e’ panni s’i stacchino dalla navicella col mezzo della morte, tu, disobbedienzia, conduci l’anima all’eterna dannazione con le dimonia, che caddero di cielo perché furono ribelli a me e andarono nel profondo. Cosi tu, disobbediente,