Pagina:Caterina da Siena – Libro della divina dottrina, 1928 – BEIC 1786681.djvu/93

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giovano quando dimandò dicendo : «Che potrei io fare, Maestro, per avere vita eterna ?» Egli disse : «Osserva e’ comandamenti della Legge». Ed egli rispondendo disse : «Io gli osservo». Ed Egli disse: «Bene, se tu vuogli essere perfetto, va’e vende ciò che tu hai e dallo a’ povari». E1 giovano alora si contristò, perché le ricchezze che egli aveva le teneva ancora con troppo amore, e però si contristò. Ma questi perfetti l’osservano abandonando el mondo con tutte le delizie sue, macerando el corpo con la penitenzia e vigilia, umile e continua orazione.

Questi altri che stanno nella caritá comune, non levandosi attualmente, non ne perdono però vita eterna, perché non ne sonno tenuti ; ma debbonle possedere, se eglino vogliono le cose del mondo, per lo modo che detto t’ho. Tenendole, non offendono, perché ogni cosa è buona e perfetta e creata da me, che so’somma bontá, e fatte perché fervano alle mie creature che hanno in loro ragione, e non perché le creature si faccino servi e schiavi delle delizie del mondo; anco perché le tengano (se lo’ piace di tenere, non volendo andare alla grande perfezione) non come signori ma come servi. E’1 desiderio loro debbono dare a me, e ogni altra cosa amare e tenere non come cosa loro ma come cosa prestata, come detto t’ho.

Io non so’accettatore delle creature né degli stati, ma de’ santi desidèri. In ogni stato che la persona vuole stare, abbi buona e santa volontá, ed è piacevole a me. Chi le terrá a questo modo ? coloro che n’ hanno mozzato el veleno con l’odio della propria sensualitá e con amore della AÙrtu. Avendo mozzo el veleno della disordinata volontá e ordinatala con l’amore e santo timore di me, egli può tenere ed eleggere ogni stato che egli vuole: e in ognuno sará atto ad avere vita eterna.

Poniamo che maggiore perfezione, e piú piacevole a me, sia di levarsi mentalmente e attualmente da ogni cosa del mondo, chi non si sente di giognere ad questa perfezione, ché la fragilitá sua non el patisse, può stare in questo stato comune, ogniuno secondo lo stato suo. E questo ha ordinato la mia bontá acciò che veruno abbi scusa di peccato in qualunque stato si sia.