Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/140

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i4j duro n poiLare il giogo delfcti vera obbedienzia, quando gli sono posti i pesi e gli esercìzj manuali, o a servire il fratello’suo, secondo i casi e’ tempi cbe occorrono, per questo già non viene a tedio, nè in afflizione di niente, e non si lassa ingannare al desiderio deb anima cbe appetisce la cella: la consolazione, e pace sua, nè quando egli vuole orare attualmente, ed egli gli conviene far altro; dico che non si lassa ingannare a questo desiderio, pigliandone pena tediosa ed affliggiti^, ma trae fuore l’odore con vera umiltà, ed il, fuoco della carità del prossimo suo. A questa orazione c’invila il glorioso apostolo (C) Paulo, quando dice cli

noi doviamo orare senza intermissione, e chi non ha questa, neuna ne può avere che gli dia vila. E chi volesse lassare questo per avere la pace sua, perde la pace; ed un’ altra orazione, cioè orazione vocale, quando vocalmente 1 uomo dice il divino officio, o altre orazioni che voglia dire: questa è ordinata per giongere alla mentale; e questo è il frutto che ne riceve, se ella è fondata in su la prima, e con esercizio vi perseveri, sforzando sempre la mente sua a pensare, porgere e ricevere in sè più Taffetto della carità di Dio che il suono delle parole, e con prudenzia vada, che quando si sente essere visitato nella mente sua, ponga N termine alle parole, eccello 1’officio divino, il quale egli fusse obbligalo di dire, e così giongo alla terza, cioè alla mentale, levando la niente ed il desiderio suo sopra di sè a una considerazione deH’.ifietlo della carità di Dio e di sè medesimo, dove cognosce la dottrina della verità, gustando il latte della divina dolcezza, il quale latte escie delle mammelle della carità per lo mezzo di Cristo cruciato e passionato, cioè che non si diletta di stare altrove, cbe in croce con lui.


Da queslo giunge e riceve il frutto dell’ unitivo stato, dove l’anima viene a tanta unione, che ella non vede più sè per sè, ma sè per Dio, il prossimo per Dio, e -Dio per la sua infinita bontà; il quale vede che è degno i d’essere amato e servito da noi, e però l’ama