Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/151

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r* IDI vestigio e la regola dell’AgnelIo: perderemo il timore e mettarenci fra le spine e fra triboli, e non schifaremo labore, ma dorrenci dell’offesa de’murmuratori, e dello scandalo degli uomini, e poi tarengli con grande compassione dinanzi a Dio, e noi seguitarerao 1’operazioni sante, cominciate per onore di Dio, é salute dell’anime, e finiremo nella sua dolce volontà. Sopra questa materia io non dico più, se non che noi ci anneghiamo nel sangue di Cristo crocifisso, senza veruno timore vi dico, sapendo che se Dio è per uoi, neuno sarà che sia contra noi.

IV. La mia venuta non so quando ella potrà es* sere: non posso sapere quanto io mi starò. Spacciarommi il più tosto che si potrà, sempre compiendo in me nell andare e nello stare la dolce volontà di Dio e non quella degli uomini. Fovvi sapere a voi ed agli altri (B), che tante pene e cogitazioni vi lassate cadere nel cuore, che io non sto, nò mi vo affaticando con le molte infirmitadi a diletto, se non quando io son costretta da Dio per lo suo onore e per salute dell’ anime. Unde se del bene i cuori infermi ne vogliono pigliare male, io non ne posso fare altro: non debbo però io vóllermi indietro, e lassare stare 1’ aratro; perocché così parrebbe che noi arassimo a petizione degli uomini, unde verrebbe la zizzania ed affogarebbe il grano. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.

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