Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 2.djvu/178

Da Wikisource.
178

dolce questa madre della carità ! ella notrica i figliuoli delle virtù al petto suo, e neuna virtù può dare a noi vita di grazia, se ella non è fatta e notricata dalla carità. Ella è uno lume che tolle la tenebre della ignoranzia, col quale lume più perfettamente si cognosce la verità, e per lo cognoscimento più ama. Ella è uno vestimento che ricopre la nostra nudità, cioè che l’anima che è nuda di virtù, unde le seguita vergogna, siccome all’ uomo che si vede nudo, ella la ricopre del vestimento delle vere e reali virtù. Ella è un cibo che insiememente notrica l’anima, e dalle fame che altramenli non sarebbe cibo dilettevole, se non fusse la fame insiememente col cibo; unde noi vediamo che l’anima, la quale si notrica in questa fornace, sempre vuole mangiare il cibo suo, e quanto più mangia più ha fame. Quale è il cibo suo? è l’onore di Dio e la salute dell’ anime: levatasi da cercare l’onore proprio, corre come innamorata alla mensa della croce a cercare l’onore di Dio. Ella si satolla d’obbrobrj, abbracciando scherni e villanie, conformandosi tutta nella dottrina del Verbo: con seguitare in verità le vestigie sue, non gli è duro il portare pena, nè fatica, anco gli è diletto; perchè con odio santo ha abbandonato sè medesimo, unde,riluce in lui la virtù della pazienzia con le sue sorelle, cioè fortezza e longa perseveranzia!

questi gusta 1 arra di vita eterna, siccome quegli che stanno neiramore proprio gustano" l’arra dell’inferno, perchè sono fatti incomportabili a loro medesimi, amando disordinatamente sè e le creature, e le cose create: bene è dunque dolce questa dolce madre!

non è da dormire, ma è da cercarla con perfetta sollicitudine chi l’avesse smarrita per colpa. Smarrita dico, perchè la può ritrovare mentre che ha il tempo, e chi l’ha imperfettamente, cerchi d’averla con perfezione, e non si dorma più, che noi siamo chiamati ed invitati a levarci dal sonno: dormiremo noi nel tempo,, che i nemici nostri vegghiano ? No, la necessità ci chiama, ed il debito ci stregue, chc^