Pagina:Caterina da Siena - Epistole, 4.djvu/211

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21 I E non sarebbero essi ladri, tollendo ed usando quello che non potessero usare? Sì ben; se vero fusse quello cbe ora dicono cbe non è, anco è veramente papa Urbano AI, ma come stolti e matti accecali dal proprio amore, hanno mostrata e data a noi questa venta, e per loro tengono la bugia: tanto la confessarono questa verità, quanto la santità sua indugiò a voler correggere i vizj loio: ma come egli cominciò a morderli ed a mostrare, che lo scellerato viver loro li era spiacevole e che egli voleva ponervi il rimedio, subito levarono il capo. E contra cu» l’hanno levato?

contro la santa fede. Fatto hanno peggio che cristiani rinnegati.

III. O miseri uomini ! Essi non cognoscono la loro ruina, nè chi gli seguita, cbe se la cognoscessero, essi chiederebbero l’adiutorio divino; ricognoscerebbero le colpe loro, e non sarebbero ostinati come dimoma, che drittamente pajono dimonj, e preso hanno )’officio loro. L’officio delle dimonia è di pervertire l’anime da Cristo crocifisso, sottrarle dalla via della verità, e inducierle alla bugia e recarle a sé, che è padre delle bugie per pena e per supplicio, dando a loro quello che egli ha per sè. Così questi vanno sovvertendo la verità, la qual verità essi medesimi ci hanno data, e riducendo alla bugia, hanno messo tutto il mondo in divisione; e di quel male che essi hanno in loro, di quello porgono a nei. Voliamo noi ben conoscere questa verità? Or ragguardiamo e consideriamo la vita e costumi loro, e che séguito essi hanno 7 O pure di loro medesimi, che seguitano le vestigie delle iniquità, perocché l’uno dimonio non è contrario all’altro, anco s’accordano insieme. E perdonatemi, carissimo padre: padre vi terrò in quanto io vi *egga amatore della verità e confonditore della bugia: perchè io dico così, perocché’l dolore deila dannazione loro e d’altrui me rie cagione,

l’amore ch’io porto alla salute loro. Questo non dico in dispregio loro in quanto-creature, ina in dispregio del vizio c dcll’erc-