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quadruplo, e bisognerà raddoppiarla un’altra volta; aggiungeremo che bisogna aumentare anche il numero delle vetture e dei carri per i bestiami e le merci. Per il chè anche questa partita può dirsi tuttora sbagliata di 4 a 5 milioni.

Quanto alle stazioni, certo non era mestieri "proporre i progetti di costruzione", e segnare "il dove e il come"; ma bisognava per lo meno "comprendere in massa la somma per tal titolo occorrente", come il sig. Milani stesso riconosce (§ 49). Ora il confronto ch’egli fa colla spesa delle stazioni belgiche, involge molte inesattezze; la maggior parte di quelle stazioni è provisoria; e mancano ancora quasi tutte le stazioni intermedie, perchè saviamente si pensa prima a compiere le strade. Egli doveva citar piuttosto le stazioni inglesi. Doveva dire che tra Londra e Birmingham vi sono già dieciotto stazioni ad intervalli di circa 11 mila metri; che dieciotto ve ne ha tra Liverpool e Manchester, vale a dire ad intervalli di 3 mila metri (meno di due miglia). La qual frequenza si vede anche sulla strada di Croydon, che ha 7 stazioni in 17 mila metri. Ora il sig. Milani pone in conto sole tredici stazioni per 290 mila metri, compresa Bergamo! E le dissemina quasi tutte a spropositati intervalli di 20 a 30 mila metri. Qui appare sempre il vizio fondamentale di tutti questi conti preventivi, cioè la dimenticanza del principio produttivo, la non curanza al riparto e al servigio della popolazione, e la pertinacia a non voler intendere che l’utilità e floridezza di queste imprese dipende soprattutto dalle corse di breve distanza. E perciò si pose in conto una sola stazione intermedia su tutta la distanza tra Milano e Chiari (56 mila metri); mentre una eguale distanza sulla linea di Liverpool ne conterebbe venti! Ma perchè le nostre popolazioni non potranno andare e venire a Gorgonzola, a Cassano, a Romano, a Calcio? Perchè il contadino non potrà portare con pochi centesimi il suo bestiame dal mercato di Treviglio o di Martinengo a quello di Melzo e di Travagliato? Non è già che le rapide corse da città a città debbano ritardarsi per servire questo andazzo di contadini che vanno da mercato a mercato, e di donne che girano le filande, ma si deve stabilire dietro l’esperienza un ordine apposito di piccoli movimenti, a distanze per lo meno come quella da Milano a Monza. Suppongo che