Pagina:Catullo e Lesbia.djvu/274

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268 annotazioni.

mio bel foco, alla mia donna amata, a Lesbia, come spiegano i più, non accorgendosi, che, se avessero tal senso questi due versi, riuscirebbero pressoché inutili dopo i primi quattro e prima dei due susseguenti; mentre, interpretando alla lettera, e intendendo la brama intensa del poeta, si otterrebbe un bel contrasto fra la Lesbia, che trova alcun sollazzo al dolore trastullandosi col passerino, e Catullo, che ardente di fortissimo desiderio della donna amata, non sa nella lontananza trovare alcun gioco che lo diverta. Nè a questa interpretazione è d’ostacolo, anzi conferisce, il nitenti, participio che può derivar tanto da niteo, quanto da nitor, che, oltre a’ tanti significati, ha quello di tendere irresistibilmente, adoprarsi con ogni sforzo a possedere; come in Ovidio:

Nitimur in vetitum, semper cupidimusque negata.

Dal qual significato risulterebbe nel caso nostro una vera bellezza, giacché il desiderio nitenti indicherebbe quella brama irresistibile del poeta verso l’oggetto amato, che ancora non possedeva, quella brama che, non potendo appagarsi altrimenti, fa prorompere Catullo nei seguenti versi:

Tecum ludere, sicut ipsa possem
Et tristes animi levare curas;

sperando che per mezzo di quel passerino potesse egli avvicinarsi alla donna diletta, a quel modo che Ippomane ad Atalanta,

Da tre palle d’òr vinta e d’un bel viso.

La favola d’atalanta è distesamente narrata da Ovidio nelle Metamorfosi.