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VI. — LE STELLE E LE NEBULOSE. 45

e la somma degli angoli misurati in A e in B, e, posto che si conosca la lunghezza di AB, si avrà nel triangolo ABC quanto basta per dedurre col calcolo la distanza CA oppure la CB. Quanto più queste distanze CA, CB sono grandi rispetto alla AB tanto più piccolo riesce l’angolo in C, e l’angolo AC'B è difatti più piccolo dell’angolo ACB. Se il punto C' si immagina trasportato a distanza infinitamente grande rispetto ad AB, i lati AC', BC' diventano paralleli, l’angolo in C' diventa nullo e le distanze C'A, C'B impossibili a determinare; in tal caso a determinare le distanze di C' bisogna poter aumentare la lunghezza AB di quanto è necessario, portando il punto B in un altro B'.

Ciò posto, supponga il lettore che in C vi sia una stella e in C' un’altra, supponga che in A si trovi in un dato istante la Terra, e che AB giaccia nel piano dell’eclittica e coincida con un diametro dell’orbita terrestre. Sarà possibile, stando in A, misurare gli angoli CAB, C'AB. Trascorsi sei mesi, la Terra, portata dal suo moto proprio, si troverà in B, punto diametralmente opposto ad A, e la distanza AB, diametro dell’orbita terrestre, sarà nota ed uguale a 298 milioni di chilometri circa. Sarà possibile, stando in B, misurare gli angoli CBA e C'BA, e sarà del pari possibile, risolvendo i due triangoli ABC e ABC', dedurre le distanze delle due stelle in C ed in C' dai punti A e B ossia dalla Terra.

Determinare la distanza di una stella dalla Terra non è quindi problema intrinsecamente e matematicamente difficile. La difficoltà sua dipende da ciò, che, essendo le distanze delle stelle molto grandi rispetto al diametro dell’orbita terrestre, l’angolo in C od in C' diventa piccolissimo e molto difficile a determinare con precisione per mezzo delle misure fatte in A ed in B. L’angolo in C, ossia l’angolo sotto cui dalla stella si vedrebbe il diametro dell’orbita terrestre, è doppio dell’angolo che chiamasi parallasse annua della stella, e poichè questo è intimamente collegato colla distanza della stella dalla Terra, lo si prende talora per sinonimo della distanza stessa. È un angolo che per la sua piccolezza sfuggì alle ricerche più insistenti degli astronomi del decimottavo secolo ancora, che solo a partire dal 1836 si riuscì a determinare per mezzo di misure micrometriche dirette, e che da qualche anno si determina con successo per mezzo dell’ispezione microscopica delle fotografie di uno stesso gruppo di stelle ottenute a sei mesi di intervallo.

La parallasse annua delle stelle è sempre minore di un secondo d’arco; per una sola stella sale a 0'',9; per pochissime oscilla intorno al mezzo secondo, e per la più gran parte riesce o inferiore o di poco superiore al decimo di secondo, o nulla. Nel seguente quadro numerico son raccolti i risultati finora ottenuti intorno alle parallassi stellari, degni di qualche fiducia; in esso, a fianco d’ogni stella, è scritto prima il valore della sua parallasse annua, poi in una se-

conda e in una terza colonna la distanza della stella dalla Terra espressa rispettivamente in raggi medii dell’orbita terrestre, e nel numero d’anni che la luce impiega a venire dalla stella a noi.
'' r a
α del Centauro 0,928 222300 3,5
61 del Cigno 0,553 373300 5,9
21185 di Lalande 0,501 411700 6,5
β del Centauro 0,470 439100 6,9
34 di Groombridge 0,307 671900 10,6
Capra 0,305 676300 10,7
σ del Dragone 0,246 838500 13,2
Sirio 0,193 1069000 16,9
α della Lira 0,180 1146000 18,0
70 di Ofioco 0,162 1273000 20,1
η di Cassiopea 0,154 1339000 21,1
Procione 0,123 1677000 26,5
1830 di Groombridge 0,118 1748000 27,6
α dell’Orsa minore 0,091 2267000 35,7

Dei numeri nella terza colonna la nostra mente non può formarsi concetto concreto; meglio è fermarsi un momento su quelli della colonna quarta. La luce impiega 3 anni e mezzo per venire a noi dalla stella più vicina, nè arriva alla Terra dalla ben nota Polare, α dell’Orsa minore, in meno di 35 anni. Eppure la luce in un minuto secondo di tempo medio percorre 300400 chilometri, in 8 minuti e 17,78 secondi attraversa la media distanza che separa la Terra dal Sole, in 4 ore e 10 minuti ci arriva dal pianeta Nettuno, in meno di 8 ore e mezza attraversa lo spazio planetario ora conosciuto. Sono numeri, che dànno delle distanze stellari e delle dimensioni dell’Universo un concetto sbalorditivo.

Noi vediamo un oggetto quando la luce, che da esso emana, arriva al nostro occhio. I nostri concetti quindi sulle stelle e sugli astri in generale si riferiscono al presente solo in apparenza. Noi vediamo il firmamento quale fu, non quale è. Il raggio di luce che annunzia al nostro occhio una stella si riferisce ad un momento, ad uno stato dell’astro ben anteriore all’istante in cui noi ne riceviamo l’impressione. Tutti i fenomeni celesti da noi in un dato istante osservati non sono simultanei che in apparenza; in realtà appartengono ad epoche diverse ed anteriori a quelle in cui i fenomeni luminosi a noi li annunziano; sono quasi voci del passato il cui eco dalle plaghe più profonde dello spazio arriva fino alla Terra.

11. Ogni stella è determinata dalla sua ascension retta e dalla sua declinazione (paragrafo 4). Il punto da cui si parte per contare le coordinate delle stelle (origine delle coordinate od equinozio di primavera) si muove in cielo, e questo suo moto (precessione) si sa calcolare. Data quindi una stella fissa nello spazio, se si paragonano le coordinate sue osservate in due epoche lontane, si deve trovare fra esse solo quella differenza, che è prodotta dallo spostamento del punto di origine avvenuto fra l’una e l’altra epoca. Nel fatto per molte stelle questo non suc-