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Critica d’arte e insegnamento artistico 149

tempo. Ora i critici mancando di base solida per i loro giudizi, s’aggrappano ostinatamente alle loro tradizioni. Le tragedie classiche un tempo furono considerate come buone; la critica continua a considerarle per tali. Dante è stato ritenuto un gran poeta, Raffaello un gran pittore, Bach un gran musicista; e i nostri critici, in mancanza d’un mezzo per distinguere l’arte buona dalla cattiva, proseguono non solo a ritenere grandi questi artisti ma giudicano per di più tutte le opere loro come ammirevoli e degne d’essere imitate. Nulla ha contribuito, o contribuisce tanto al pervertimento dell’arte quanto le autorità messe innanzi dalla critica.

Un uomo produce un’opera d’arte in cui, da vero artista, esprime a modo suo un sentimento che egli ha provato. Il suo sentimento si trasmette ad altri uomini, e la sua opera attira l’attenzione. Ma allora la critica, impadronendosene, dichiara che, senza essere cattiva, non è tuttavia l’opera nè d’un Dante, nè d’un Shakespeare, nè d’un Goethe, nè d’un Raffaello, nè d’un Beethoven. E il giovine artista si rimette al lavoro per copiare i maestri che gli si consiglia d’imitare; e produce delle opere non solo deboli, ma false, delle contraffazioni dell’arte.