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A chi legge xi

La letteratura francese che aveva già i notissimi libri di Edoardo Fournier, più volte ristampati, L’esprit des autres e L’esprit dans l’histoire, ebbe in tempi più vicini altri repertorii di curiosità letterarie e storiche fra i quali notevole quello dell’Alexandre, Le Musée de la Conversation, di cui nel 1897 uscì la terza edizione, e nel 1901 un supplemento col titolo: Les mots qui restent. L’Inghilterra che aveva avuto prontuari di citazioni forse prima di ogni altro paese1, ne può vantare molti e buoni, ma tutti li supera il grande Dictionary of Quotations di Dalliac e Harbottle, di cui prima della guerra erano usciti 12 volumi. Tutti questi libri e molti altri, di quelle e di altre letterature, dei quali mi risparmio di ripetere le citazioni, ho consultato e spogliato diligentemente.

  1. «Chi abbia qualche famigliarità con Inglesi colti e con la loro letteratura, può aver osservato che essi si compiacciono — più che non si usi, per esempio, da noi, ― d’infiorare la loro conversazione e le loro scritture con citazioni, specialmente latine e greche. Un tal vezzo è una delle molte maniere ― e tra le più immediate, se non tra le più importanti ― con cui si manifesta in quella contrada il culto per la classicità, culto oltremodo intenso e sincero, così da riuscir talvolta, in qualche sua forma, eccessivo e bizzarro.» Così il prof. Paolo Bellezza in una sua arguta ed erudita comunicazione: La citazione e gli Anglosassoni, negli Studi di Filologia Moderna, anno I, fasc. 3-4, pag. 247-277. Ed uno degli indici di tal vezzo è appunto, secondo il Bellezza, il gran numero di prontuari di sentenze di autori antichi e moderni e di reference books destinati a uso scolastico o al pubblico colto che si hanno in Inghilterra.