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[403-408] | Donna, matrimonio | 119 |
403. Celeste Aida, forma divina.
ovvero lagnati col destino che per tua disgrazia la fece tanto bella, e di’ che:
404. La faute en est aux Dieux
Qui la firent si belle,
Et non pas à mes yeux.1
usando le parole di un oscuro poeta del seicento, Jean de Lingendes (1580-1616) di cui la sola cosa non dimenticata è il madrigale che finisce con i tre versi citati.
Puoi lodarne la modestia, paragonandola alla rosa del giardino d’Armida, la quale
405. Quanto si mostra men, tanto è più bella.
a differenza di quel che diceva Glauco alla schiava nel melodramma di Giovanni Peruzzini, la Jone, musica di Petrella (a. II, sc. 4):
406. Meno ritrosa sarai più bella.
ovvero puoi vantarne le domestiche virtù, sia ripetendo l’elogio che un’antica iscrizione sepolcrale romana fece di Claudia, bella, pudica e frugale massaia (Orelli, Inscript. lat. ampliss. coll., vol. II, n. 4848):
407. Domum servavit lanam fecit.2
sia lodandola per la semplicità dell’acconciatura, poichè
408. Mulier recte olet, ubi nihil olet.3