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Pagina:Chi l'ha detto.djvu/776

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744 Chi l’ha detto [2090-2091]


cardinale Ippolito d’Este fe’ ritorno in Ferrara il 7 luglio 1516, e che subito come a suo grande protettore l’Ariosto si recò a visitarlo: «allora fu, che per quanto ne corre fama si lasciò (il Cardinale) sfuggire di bocca quella veramente discortese espressione: Messer Lodovico, dove avete mai trovate tante fanfaluche?» Il Cardinale era per proprio genio poco inclinato alle cose letterarie, e perciò poco gli caleva del poema, benchè a lui dedicato, tanto più ch’egli aveva già lasciato intendere all’Ariosto, fin da quando questi lavorava intorno all’Orlando, che sarebbegli stato assai più caro che avesse atteso a servirlo, come scrisse il figlio Virginio Ariosto nelle Memorie, e lo confermò lo stesso Poeta nella Satira prima:

     S’io l’ho con laude ne’ miei versi messo,
          Dice, ch’io l’ho fatto a piacere, e in ozio:
          Più grato fora essergli stato appresso.

Pochi mesi dopo Messer Lodovico cadde affatto in disgrazia del Cardinale: e questa fu la mercede delle sue fatiche.

2090.   Penso e ripenso e nel pensar impazzo;
Levati di costì, testa di ....

Chi avrebbe mai immaginato che questi due versi, sguaiati anzi che no, e poco poetici per giunta, siano stati attribuiti nientemeno che a Torquato Tasso?!

Eppure Girolamo Bardi, medico ligure del secolo XVII, assai celebrato nell’Ateneo di Pisa, dove leggeva medicina contemporaneamente ad altro ligure, Giulio Guastavano, narra che avendo questi al suo arrivo in Ferrara trovato il Tasso sopra di un’alta torre che stava speculando l’immensità del creato, dopo avere scambiati e complimenti singolarissimi ed accoglienza assai lusinghiera, avrebbe il Guastavino interrogato quel sommo sopra quale soggetto si stesse allora meditando, e che quegli gli avrebbe reso per risposta i due famigerati versi (Pescetto, Biografia medica ligure, vol. I, pag. 184, n. 1). S’intende ch’io la dico come l’ho letta, senza metterci nè sal nè olio.

2091.   Fermatevi se potete.

È comune tradizione in Italia che così dicesse S. Filippo Neri ai ragazzi, dei quali amava circondarsi e tollerava con grande pa-