Pagina:Chiarini - Dalle novelle di Canterbury, 1897.djvu/188

Da Wikisource.

novella del cavaliere. 115

tare eterno fuoco. Anche questo voto io faccio ti sacrificherò la mia barba e la mia lunga chioma non toccate mai, fino ad ora, dal rasoio e dalle forbici; e fino alla morte sarò sempre tuo servitore. Tu ora abbi pietà dei miei cocenti dolori, e dammi la vittoria, chè altro non ti chiedo„.

Quando il forte Tebano ebbe finita la sua preghiera, i cardini della porta del tempio e le porte stesse tremarono cosí fortemente, che Arcita rimase stupefatto. I fuochi ardevano sull’altare fiammeggiante, che illuminò ad un tratto tutto il tempio, e dal suolo si levò improvvisamente un dolce profumo; allora Arcita, levando in alto, la mano gettò sul fuoco nuovo incenso e compié altri riti, dopo i quali la statua di Marte cominciò a far risuonare l’armatura di ferro. E insieme al suono delle armi Arcita sentí una voce bassa e cupa che mormorò: “Vittoria„. Perciò egli onorò e glorificò Marte.

Quindi con la gioia e la speranza nell’animo Arcita se ne ritornò a casa in fretta come un daino che fugge la luce del sole.

A questo punto su in cielo cominciò,