Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/100

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72 capitolo iv.

Il poeta immagina di trovarsi solo di notte in una landa bellissima, vagamente illuminata dalla luna. Scoppia ad un tratto una terribile procella, di che egli impaurisce. Al cessare della procella appare in mezzo ad un gran chiarore il suo Angelo Custode, mandato dalla Madonna; il quale gli dice: Guarda. E il poeta si vede passare dinanzi, in una lunga processione, l‘Amore con dietro la turba infinita delle sue vittime, poi l‘Avarizia coi suoi immondi seguaci, poi l‘Errore con un lungo corteo di eretici, poi la Guerra coi conquistatori che coprirono la terra di stragi, poi l’oscena Tirannia dal manto spruzzato di sangue, finalmente l‘Oblio. Lo sfilare delle ombre è accompagnato dalle osservazioni morali dell’Angelo; il quale, finita la processione, accenna al poeta di volgere gli occhi in alto. Il poeta si volge e vede, fra uno strappo di nubi, in mezzo ad un fulgore vivissimo, la beata sede dei giusti; vede passeggiare per essa anime che cantano, vestite di lucido ammanto, fra le quali riconosce l’Alighieri, il Petrarca, il Tasso; e finalmente, aprendosi il cielo più addentro, vede Cristo e Maria. Qui la visione è finita, e l’Angelo si parte e dice al poeta: Ora che hai veduto le triste gioie e le misere grandezze del mondo, e la beatitudine celeste, rallegrati, chò presto morrai. Con la visione finisce il quarto canto del poema.

Quando il poeta lo scrisse, non s’era, come si vede, staccato ancora dalle idee religioso, che erano state le fide compagne della sua prima gioventù; ma a quello idee non rispondeva più un sentimento vivo dell’animo; esso orano qualche cosa corno la veste di chierico che il giovane ora oramai abituato a portare, ma che forse in cuor suo desiderava gii vagamento di poter gettare alle ortiche. Fresco della lettura di Dante e del Petrarca, e forse anche del Varano e del Monti, si era servito di quello idee come le più adattate alla parte rappresentativa della sua cantica, ma