Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/107

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le prime relazioni con p. giordani 79

battere le proprie opinioni, alla quale chiedere aiuto e consiglio, dalla quale pigliar coraggio nelle ore e nei giorni di sfinimento e di svogliatezza. Il fratello Carlo e la sorella Paolina, come erano stati nella prima età i suoi compagni di scuola e dei giuochi, erano ora i suoi compagni di pena. La vita di quei poveri giovani era qualche cosa di incredibile. Erano sequestrati da tutto il mondo esteriore, salvo quel po’ di vista e di remore che ne potea venir loro talvolta dalle finestre del vecchio palazzo. A venti anni non potevano uscire di casa se non accompagnati dal pedagogo o da qualcuno dei parenti. Unica libertà lasciata al povero Giacomo, quella di ammazzarsi studiando; ed egli pur troppo ne usava e abusava.

La voce della figlia del cocchiere che tessendo cantava nella casetta di faccia, il profilo di una fanciulla del popolo che gli balenava dinanzi nella via, lo facevano sobbalzare di gioia, gli davano dei fremiti di contentezza, ed empivano poi di amorose visioni i suoi sogni.

Il solo suo confidente era Carlo, confidente universale, confidente anche negli studi ; ma di questi non parlava troppo spesso neppure con lui, perchè discordavano nelle opinioni. Carlo amava poco la patria, poco gli antichi, molto gli stranieri, moltissimo i francesi; era cioè agli antipodi del fratello. In una sola cosa andavano d’accordo, nell’aborrimento della schiavitù domestica e nel desiderio di liberarsene. La povera Paolina, che moralmente, ed anche un po’ fisicamente, somigliava a Giacomo, subiva l’influenza dei fratelli, specialmente del maggiore, e mordeva con essi la catena: ma tanto lei che Carlo sentivano in faccia a Giacomo la loro inferiorità intellettuale; e Paolina in ispecie, che gli faceva da copista, lo riteneva come un oracolo.

In questa condizione di cose l’apparizione del Giordani, che si presentava ammiratore affettuoso e fer-