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Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/233

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LE NUOVE CANZONI. 199 sua tesi ; Àbramo e la vita pastorale dei Patriarchi. < Qui, dice la traccia, l' inno può prendere un tuono amabile, semplice, d'immaginazione rident€ e placida, com' è quello degl' inni di Callimaco : > e lo prende difatti, accennando in soli sedici versi alla storia di Abramo e di Giacobbe e alla innocenza e felicità della loro vita pastorale. Dopo di ciò il poeta si crede in diritto di concludere : < Fu, certo fu, e non è sogno, né favola, né invenzione di poeti un'età d'oro pel genere umano.... Non già che i fiumi corressero mai latte, né che ec, ma s' ignorarono le sventure, che ignorate non sono tali ec. > Questa, che l'autore nella traccia chiama digressione o conversione lirica, occupa nel- l'inno diciassette versi. L'autore, conchiudendo così, si è dimenticato i due quadri da lui descritti in- nanzi a quello della vita pastorale, cioè Caino e la corruttela del genere umano avanti e dopo il di- luvio. L' inno finisce con dodici versi, i quali, a dimostra- zione e conferma di ciò ch'egli ha conchiuso, espri- mono il concetto eh' è dichiarato così nella traccia: < Tale anche oggidì nelle Californie selve, e nelle rupi, e fra' torrenti ec, vive una gente ignara del nome di civiltà, e restia sopra qualunque altra a quella mi- sera corruzione che noi chiamiamo coltura. Gente fe- lice a cui le radici e l'erbe e gli animali son cibo e l'acqua dei torrenti bevanda, e tetto gli alberi e le spelonche. > La traccia seguita empiendo quasi due pagine con la descrizione della vita immaginaria di queste genti barbare e felici, e con una serie d' im- precazioni contro la così detta civiltà nostra, che vuole a forza distruggere questa felicità, cui la natura aveva destinato il genere umano. Naturalmente il poeta ha condensato in quei dodici versi ciò che importava, ed omesso il resto.