Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/330

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294 CAPITOLO XV. uscito dall'inverno non mi può parer vero, e non finisce di rallegrarmi; e perchè gli amici mi tirano, sono stato all'Opera già due volte (l'Opera si è avuta finora tre sere), e non mai in platea. >' Notisi che, mentre egli scriveva così, era afilitto da disturbi di stomaco, e malato d' occhi ; ma perchè era tranquillo, diceva di sentirsi bene, lavorava assidua- mente, e si svagava nella compagnia degli amici. Se gli erano venute meno le conversazioni serali della contessa, non glie ne mancavano altre, meno tenere ma non meno affettuose, e più placide. Si era stretto sempre più d'amicizia con le famiglie Tommasini e Maestri, che gli dimostravano un' ammirazione ed un affetto profondo e sincero. Il professore lo assisteva amorevolmente de' suoi consigli come medico e amico; la moglie e la figliuola si mostravano sollecite della sua salute e lo circondavano di premure; tanto ch'egli ben presto in casa loro, come già in casa Brighenti, si trovò quasi in famiglia. Con la seconda delle due lettere scrittegli a Re- canati la Tommasini si era rallegrata delle nobili e generose parole di lui sulla Grecia nel Discorso su Gemisto Fidane : ciò gli fece tanto piacere, eh' egli ri- sposo alla signora: < Ancor io riguardo i poveri Greci come fratelli; e so più si fosse potuto dire in loro fa- vore, lo avrei detto certamente in quell'articolo: nondi- meno considerata la impossibilità in cui siamo di par- lare liberamente, mi paro di averne dotto abbastanza. >* La rottura con la Malvezzi dovè, so non affrettare la sua andata a Firenze, scemargli il dispiacere di abbandonare iiologna, dove si era trovato così bene. Per risolversi alla partenza, aspettava la venuta dello Stella; e intanto lavorava a finire l'Antologia, con l'aiuto dell'amico Pepoli, che gli provvedeva i libri necessari. ' KpUtolurio, voi. II, pag. 908. * Idotn, pag. 200.