Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/397

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IL SUSSIDIO FIOUENTINO EC. 361 questi aif'enna, come abbiamo visto, che quando nou poteva uscire, aveva gente che andava a tenergli com- pagnia. Non si può ammettere che proprio all'arrivo del Ranieri si fosse fatto il vuoto intorno al Leopardi ammalato, e che ciò ch'egli scriveva della sua salute ai parenti e agli amici fosse in tutto il contrario della verità. La lettera di dedica dei Canti, sulla quale il Ranieri fonda le sue asserzioni, è una descrizione fe- dele, non tanto dello stato fisico del poeta in quel momento, quanto di tutta l'infelicità della sua vita. Escluso dal mondo e ristrettosi negli studi, s'era a venti anni veduto ridurre a meno che mezzo quell'unico bene, e a ventotto se lo vedeva togliere del tutto e per sempre. 11 suo strazio maggiore era di non poter lavorare, ed era accresciuto dallo spavento di dover tornare a finire i suoi giorni a Recanati. Dalle let- tere dei primi mesi del 1831 risulta che la sua sa- lute, se non era migliore, non era peggiore di quel che fosse a Recanati dall'autunno del 182S in poi. L' 8 febbraio dava alla Paolina notizie quasi iden- tiche a quelle date il dicembre innanzi al padre: < Della salute io soffro meno del solito, perchè que- st'inverno non è che un prolungamento dell'autunno e della primavera, sole stagioni nelle quali, quando vanno bene, io vivo tollerabilmente. > La lettera con- teneva anche questi altri particolari: «Io non man- gio una sola volta il giorno, né due sole, né tre: non ho più metodo alcuno, e vi farei ridere raccontandovi la mia vita, se non fosse cosa lunga.... > E nel marzo scriveva alla Maestri: < Io sto di salute mediocre- mente, anzi direi bene, se potessi applicare. >' Chi dava queste notizie di sé non era un mori- bondo; era però un malato cronico, il quale doveva usarsi grandissimi riguardi, perchè i suoi mali non si inacerbissero.

  • Epistolario, voi. II, pag. 412.