Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/414

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378 CAPITOLO XIX. glio. > ' Il Leopardi si ebbe a male che l'amico potesse pensare di lui quelle cose, e si affrettò a disingan- narlo. Non solo : ma seccato, e volendo tagliar corto alle sciocche congetture, il 27 ottobre scrisse al Vieus- seux : < Io ho detto costì prima di partire, a chiunque ha voluto saperlo, e dico qui a tutti, che tornerò a Firenze, passato il freddo; e così sarà, se non muoio prima. Questo amerei che ripeteste a chi parla di prelature o di cappelli, cose eh' io terrei per ingiurie, se fossero dette sul serio. Ma sul serio non possono esser dette se non per volontaria menzogna, conoscen- dosi benissimo la mia maniera di pensare, e sapen- dosi eh' io non ho mai tradito i miei pensieri e i miei principii colle mie azioni. > Il Leopardi, andato di mala voglia a Roma, ci si trovò subito male. Appena arrivato scriveva a Carlo: < Non è il minor dei dolori che provo in Roma, il vedermi quasi ripatriato ; tanta parte di canaglia re- canatese, ignota in tutto il resto del globo, si trova in questa città. >' Era scontento dell'alloggio; era sec- cato mortalmente d'essere riconosciuto e fermato per le strade, d' essere perseguitato dalle visite dei Reca- natesi, dell'immaginarsi le ciarle che avrebbero fatto sul conto suo. Ciò sopra tutto lo faceva andare fuori di sé. Fino dal settembre, sperando di potersi rimettere al lavoro, aveva stabilito di dare al Vieusseux degli articoli per V Antologia; o il Vieusseux aveva messo a sua disposiziono un foglio di stampa per ogni fa- scicolo, assegnandogli un compenso in ragione di L. 5 per pagina por gli articoli in carattere ordinario, o di L. 6 per quelli in carattere più minuto. Ma come non ebbe agio di far nulla nel settembre a Firenze, cosi nemmeno ora a Roma, perchè affogato di visite^

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