Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/426

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390 CAPITOLO XIX. dendo un piccolo assegno fisso che gli permettesse di vivere fuori di casa. E il 3 luglio scrisse una lunga lettera al padre, esponendogli la sua dolorosa e dispe- rata condizione. Gli rammentava gli sforzi fatti per sette anni per mantenersi da sé : ma ora non aveva assolutamente più modo d'andare innanzi. < Se mai, scriveva, persona desiderò la morte così sinceramente e vivamente come la desidero io da gran tempo, cer- tamente nessuna in ciò mi fu superiore. Chiamo Iddio in testimonio della verità di queste mie parole. Egli sa quante ardentissime preghiere io gli abbia fatte (sino a far tridui e novene) per ottener questa grazia.... Ma non piacendo ancora a Dio d'esaudirmi, io tornerei costà a finire i miei giorni, se il vivere in Recanati, soprattutto nella mia attuale impossibilità di occu- parmi, non superasse le gigantesche forze ch'io ho di soffrire.... tornar costà senza la materiale certezza di avere il modo di riuscirne dopo uno o due mesi, questo è ciò sopra di cui il mio partito è preso, e spero ch'ella mi perdonerà se le mie forze e il mio coraggio non si estendono fino a tollerare una vita impossibile a tollerarsi. > Dopo ciò chiedeva un pic- colo assegnamento di dodici scudi il mese. < Con do- dici scudi, diceva, non si vive umanamente neppure in Firenze, che ò la città d'Italia dove il vivere è più economico. Ma io non cerco di vivere umanamente. Farò tali privazioni che, a calcolo fatto, dodici scudi mi basteranno. >' Probabilmente egli pensava che con dodici scudi al mese non sarebbe stato interamente a carico del Ranieri, in qualunque luogo avessero fis- sato la loro dimora; e ciò era per lui, nello attuali sue condizioni, il desidcratum. Il padre gli risposo dandogli facoltà di trarre una cambialina di 24 francesconi, por l'assegno dei due mesi dì agosto e settembre ; ma qualche tempo dopo > EpMotarto, voi. II, pag. 480, iOO.