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Pagina:Chiarini - Vita di Giacomo Leopardi.djvu/65

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la fanciullezza e l'adolescenza 35

a disputare sulle tesi del programma, accettando le contradizioni e rispondendo alle interrogazioni degl’intervenuti su qualunque punto di esso. I contradittori ed interrogatori potevano usare la lingua italiana anche nella parte del programma che dai giovani doveva essere esposta in latino. Probabilmente Carlo ci fu per figura: e probabilmente è questo il pubblico saggio di filosofia e di teologia ch’egli disse al Viani avere Giacomo dato a dodici anni.1 Se non che ne aveva quattordici; ma si capisce come a tanta distanza di tempo Carlo potesse sbagliare, confondendo forse l’anno 1812 coi dodici anni di Giacomo.

Chi getti gli occhi su quel programma, vede subito ch’ esso è fatto con le idee e coi metodi della istruzione clericale d’ allora, nelle quali e nei quali tutto era dogmatico, formale e accademico; ma non potrà non riconoscere che chi lo compilò dovè, come già accennai, avere una certa larghezza di cultura, larghezza che non fu, credo, senza qualche influenza negli studi prodigiosi che appunto intorno a quel tempo Giacomo incominciò veramente da sé.



Nella biblioteca della casa paterna si conservano fra i manoscritti di Giacomo i quinterni de’suoi lavori di scuola, lavori che sono documenti preziosi della precocità di quell’ingegno straordinario. Ci sono, dell’anno 1809, la traduzione in versi, già nominata, del primo libro delle odi d’Orazio, fatta nel primo semestre, quando Giacomo non aveva ancora compiti undici anni, e quella del secondo libro, fatta nel secondo semestre, a undici anni compiuti. C è, dell’anno 1810, un quinternetto sulla cui prima pagina

  1. Vedi Epistolario, vol. III, pag. 425.