Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/198

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capitolo terzo 191

intorno a quegli avvenimenti, è dimostrata fino oltre l’evidenza da questi tre fatti: dalle offerte che, ripetutamente, fecero a Vienna il principe di Metternich a monsignor Viale Prelà nunzio pontificio presso il Governo austriaco e l’ambasciatore austriaco a Roma conte di Lutzow al cardinale Gizzi di un intervento armato per parte delle milizie austriache nello Stato, offerte che risultano dalla corrispondenza fra gli ambasciatori inglesi visconte Ponsomby residente a Vienna e sir Hamilton residente a Firenze e lord Palmerston primo ministro della regina Vittoria, e da quella fra il conte Di Revel ambasciatore piemontese a Londra e il ministro degli esteri del re di Sardegna1; dalla contemporaneità dei moti reazionari e sanguinosi avvenuti - in quel tempo in cui non esistevano nello Stato reti telegrafiche - fra il 14 e il 18 luglio a Macerata, a Viterbo, a Terni, a Città della Pieve, a Cesena, a Faenza, a Bologna, mentre già fatti consimili erano avvenuti sui primi di luglio stesso a Parma, a Lucca, a Siena, proprio nel momento in cui a Roma si gettavano i semi di guerra civile fra vetturini romani e abruzzesi, fra Cristiani

  1. N. Bianchi, nell’op. cit., vol. V, cap. I, § 5° e nell’altra I ducati estensi dal 1815 al 1830, Torino, Società editrice italiana, 1852, vol. I, cap. IV; C. A. Vecchi, op. cit, vol. I, lib. VIII, pag. 214 e seguenti; L. C. Farini, op. cit., lib. II, cap. IV; F. De Boni, op. cit., parte II, da pag. 62 a 109 e parte III, da pag. 153 a 179; L. Anelli, op. cit., vol. II, cap. I, pag. 28 e 29; Carlo Cattaneo, op. cit.. Proemio al primo volume dell’Archivio triennale, pag. 232 e Considerazioni in fine di detto volume, pag. 245. Ivi il Cattaneo afferma recisamente che la famosa fuga di Pio IX, la quale fu poi compiuta in novembre del 1848, erasi già meditata e tentata a mezzo luglio del 1847, parecchie settimane prima che i buoni Milanesi si facessero ammazzare, cantando per le vie il santissimo nome. Però la connivenza di Pio IX in quelle trame reazionarie del luglio 1847, negata da molti storici - e fra questi dal Farini - e ammessa invece da molti altri, sembra provata, come acutamente osserva il Gabussi (G. Gabussi, Memorie citate, vol. I, in una nota a pag. 79 a 81) dalle parole stesse di Pio IX il quale, nella enciclica del 20 aprile 1849 da Gaeta, dice altamente: «In sì grande conflitto di cose ed in tanto disastro, nulla lasciammo intentato per provvedere all’ordine e alla pubblica tranquillità. Imperrocchè pria d'assai che avessero luogo quei tristissimi fatti del novembre, procurammo con ogni impegno, che si chiamassero in Roma i reggimenti svizzeri addetti al servigio della Santa Sede ... Né questo soltanto, ma anche prima d'allora, come in appresso, a fine di difendere l’ordine pubblico, spezialmente in Roma, e di opprimere l’audacia del partito sovversivo, rivoltammo le nostre premure a procurarci soccorsi di altre truppe che, per divina permissione, attese le circostanze, ci vennero meno». La connivenza del Pontefice, dopo queste esplicite afiermazioni, sembra non possa più essere negata. Cf. l’Archivio storico triennale italiano. Capolago, tipografia Elvetica, 1850, vol. I, da pag. 1 a 7.