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insigne quale è il Farini, lungi dalla verità, riferirò, sulla scorta di un altro storico, ingenuo diarista e espositore alla buona dei fatti, di cui era testimone oculare, chi fossero gli agitatori che presero disdegno della pena, e ai quali piaceva anche la indisciplina dei frati: è bene guardarli in viso questi terribili agitatori.

«Saputasi appena tale notizia - cioè la relegazione del padre Gavazzi nel convento di san Bonaventura - una continua frequenza di persone va a salutare il novello ospite del Palatino. Lettere di condoglianza riceve dal casino dei nobili, dalla società artistica, dal Circolo romano e da altri. Dopo qualche giorno esso è mandato altrove: ma ben presto è consentito il ritorno in Roma ad un uomo sì rinomato, e degno cotanto della stima e premura de suoi ammiratori»1.

E, contemporaneamente, per cura del Circolo romano, veniva dettato un foglio di vive condoglianze e di attestati di

  1. B. Grandoni, op. cit., pag. 114 e 115. - Quasi tutti gli storici che narrano gli avvenimenti di questi tempi, l’Anelli, il Balbo, il Belviglieri, il Bersezio, il Bertolini, il Bianchi-Giovini, il Bianchi N., il Carrano, il Casati, il Cattaneo, il D’Azeglio, il De Boni, il De La Forgpe, il Garnier-Pagès, il Gioberti, il Grandoni, il Guerrazzi, il La Farina, il Martin, il Massari, il Wickiewicz, il Montanelli, il Perrens, il Finto, il Ranalli, il Reuchlin, il Rey, il Ricciardi, il Rusconi, il Ruth, il Saffi, il Tivaroni, lo Zeller, ecc., tutti, dal più al meno, hanno parole di biasimo - e molti parole di fuoco - per le feroci e sanguinose repressioni di Milano e di Pavia; il Cantù solo, l’apologista dell’Austria, racconta gli eventi a modo suo - senza addurne ombra di prova, questo s’intende - e in guisa da invertire quasi le parti e da fare apparire provocatori gl’inermi provocati, e, con ributtante cinismo, conclude quasi deridendo il rumore che si levò per quegli atti barbarici della soldatesca austriaca. È bene riferire qui, per ricordarle ai lettori, a vitupero di chi le scrisse, le svergognate parole: «L’astinenza - dal fumarevolle spingersi fin ad obbligarvi altri violentemente, e sia vero o no che i militari o la polizia mandassero attorno per Milano fumanti provocatori, si offerse occasione nuova di trar le sciabole; il popolo fu ferito e calpesto, come sempre, come in tutti gli altri paesi d’Italia: (!!) ma qui doveva assumere carattere nazionale, dovevano deplorarsi chiassosamente le vittime dello straniero, (!!) ed esagerarne il numero, e levarsi fremito e compianto per tutta Italia sopra le stragi di Milano.
          «E poichè, siccome adesso i mazziniani sono zimbello d’invettive, di calunnie, d’assurdità, così erano allora gli Austriaci, le declamazioni dei circoli e dei giornali, e le esequie drammaticamente ripetute, e un’amplificazione di Massimo D’Azeglio sprofondavano sempre più l’abisso fra noi e gli stranieri». (Cronistoria, vol. II, cap. XXXIX, pag. 770-771. Questi periodi sono ripetuti, quasi parola per parola, secondo il sistema del Cantù, anche nella Storia degl’Italiani, vol. XIV, cap. CXCI, pag. 127).
          Quanto dolore perchè si sprofondava, anzichè colmarsi - come era negli ardenti desiderii del Cantù - l’abisso che ci separava dagli stranieri!...