Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/290

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capitolo quinto 283

chiamando il popolo a libertà: donde la prima zuffa, che si mutò nei giorni successivi, in rivoluzione.

«E parve esempio nuovo vedere città sprovveduta di armi e di vettovaglie, e senza soccorsi di fuori, ribellarsi, dopo averne anticipatamente e replicatamente avvisato il principe, armato e deliberato a usar forza: indicandogli il giorno, l’ora il luogo, quasi a singolar tenzone lo disfidasse. Nè a tanto ardimento mancò splendida vittoria: e il di 12 parve davvero che sonassero un’altra volta le campane del vespro, e il grido di morte alla mala signoria rimbombasse da capo»1.

Mentre circoli, e giornali, e popolo del moto siciliano si allietavano in Roma, essendo morto il cardinale Francesco Saverio Massimo, ministro dei lavori pubblici, fu a questo ministero trasferito monsignor Rusconi, che fino a quel momento, aveva diretto il ministero delie armi, a presiedere al quale fu chiamato il principe Pompeo Gabrielli, che «era stato soldato in sua gioventù, ma ignaro di militare amministrazione, il quale null’altro di nuovo recava nel dicastero della guerra che la sua qualità di laico; avara anticipazione fatta dalla paura dell’aristocrazia clericale all’impaziente aspettativa di un paese, sazio e infastidito dei preti per modo, che in nessuna parte di Governo li poteva più sopportare»2.

La rivoluzione di Sicilia, per effetto della quale, dopo sanguinosi combattimenti e inutili bombardamenti, l’esercito borbonico, espulso da ogni angolo dell’isola, fu costretto a rifugiarsi e ad asserragliarsi nella cittadella di Messina, ebbe il suo seguito in tutto il reame di qua dallo stretto e a Napoli stessa ove, dopo varie popolari manifestazioni, il 29 gennaio il tremebondo tiranno fu costretto a concedere a’ suoi popoli la costituzione da elaborarsi sul fondamento di quella del 1820 e a scegliere frattanto un ministero liberale a capo del quale era messo il duca di Serra Capriola e di cui sarebbe anima Francesco Paolo Bozzelli, antico esule, uomo di profonda cultura politica e allievo della scuola dottrinaria del Guizot.


  1. F. Ranalli, op. cit., lib. VI, pag. 811.
  2. A. Saffi, op. cit., cap. VII, pag. 152.