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324 ciceruacchio e don pirlone

Papa e le Congregazioni religiose fecero ricchi donativi; i principi romani gareggiarono di liberalità co’ cittadini; tutti pagarono lieti e spontanei il tributo di carità alla patria; il popolo, se non nella ricchezza, li emulò nella copia de’ doni e nel fervore dell’affetto; anche il mendico stese la mano ai passeggieri questuando per l’Italia; le gentildonne si dispogliarono de’ preziosi ornamenti; le popolane di quei pegni d’amore e di fede che ricordano i più felici momenti della vita a chi sulla terra non gode altre felicità. Una giovane popolana in Bologna, non avendo gemme, donò il tesoro della sua bella chioma. E cardinali e principi donarono cavalli per le artiglierie; e pel campo partirono i principi e duchi e nobili e cittadini e popolani affratellati; partirono due nipoti del Papa; in pochi giorni dallo Stato Romano dodici mila volontari almeno. Il Papa li benediceva lasciando intendere che la benedizione scendeva sui guerrieri che ivano a difendere i confini dello Stato della Chiesa; le città erano in festa; i campagnuoli salutavano anch’essi le pontificie legioni. Le insegne pontificie erano maritale ai colori nazionali; la croce era in cima alla bandiera d’Italia; Italia non aveva più nemici fra noi: i cuori che non palpitavano per la sica libertà, palpitavano per la grandezza del Papato; santa era reputata la guerra»1.

Di questi giorni, e appena saputasi in Roma le notizie della insurrezione di Vienna, il cardinale Antonelli mandò a chiamare il principe di Canino, il conte Carlo Rusconi e Ciceruacchio ed ebbe con loro un lungo colloquio, di cui uno dei tre ci ha serbato i particolari.

«E strettaci a tutti con affettuosa effusione la mano, ci fece sedere. Ciceruacchio, amor delle plebi, più presso di lui, proprio da costa, e dal lato del cuore. E dolci come favi iblei, fluivano le parole dall’eminentissimo labbro. Discorreva d’Italia, di Vienna, ma con un far cosi sciolto, così spedito, così compenetrato, cosi spesso interrotto da quel senso di contento che da ogni parola trapelava, che ci sarebbe proprio voluto un san Tommaso per non crederci. Era un vero, uno schietto

  1. L. C. Farini, vol. II, lib. III, cap. I in fine.