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nazionale; avvegnachè egli a questa non si fosse, in apparenza, chiarito favorevole che con la sola speranza di riavere il dominio della Sicilia e di impedire lo ingrandimento del Re di Sardegna, o di avere accrescimento di territorio egli pure.

Poichè Ferdinando di Borbone, ne’ suoi consigli fraudolenti, mostrava di avere più assai ambizione che non avesse ingegno e assai più invidia che nobiltà di animo non avesse; giacchè, mentre tanto tenero del Papa si palesava, dopo le prime vittorie piemontesi sul Mincio, era stimolato dal desiderio di allargare i confini dei suoi Stati ai danni del Pontefice, a compenso e ad equilibrio degli aumenti di territorio che potesse conseguire nell’alta Italia il re Carlo Alberto1.

E siffattamente gli interessi particolari dei singoli Stati e le gelosie e le ambizioni personali dei diversi Principi intorbidavano quella situazione, che lo stesso Pio IX, con tutto il fardello di responsabilità che gli pesava sulle spalle e in mezzo a tutte le angustie in cui lo costringeva la contraddizione dei due uffici a lui affidati di Principe italiano e di Pontefice cattolico, trovava il tempo e la voglia, di andare arzigogolando, nel suo vanitoso pensiero, la possibilità di rivendicare alla Santa Sede i suoi diritti feudali sul reame di Napoli2.

Ma queste diffidenze, queste gelosie, questi opposti interessi io già lo avvertii - ed ora lo ripeto - non erano tanto dipendenti dall’animo e dalla volontà degli uomini, quanto dalle cause

  1. Francesco Carrano, Ricordanze storiche del Risorgimento italiano 1822-i870, Torino, F. Casanova, 1885, parte I, cap. XII; R. Rey, op. cit., lib. III, cap. V; Garnier-Pagès, op. cit, tome I, chap. II, §§ 11 e 12; Guglielmo Pepe, I casi d’Italia negli anni 1847, 48 e 49, Genova, 1851, pag. 63; G. Massari, I casi di Napoli cit., luogo cit.; N. Bianchi, Storia documentata, ecc., voi V, cap. III, § 3°; L. C. Farini, op.cit, vol.II, lib. III, cap. V; C. A. Vecchi, op. cit, vol. I, lib. V, pag. 115 e seg; Costa De Beauregard, Epilogue d’un règne, già citato, chap. VI, pag. 165 et suiv.; N. Nisco, op. cit. vol. I, lib. I, cap. V; Antonio Montanari, in alcune lettere indirizzate da Napoli e da Firenze, nel marzo e nell’aprile 1848, a Minghetti (Vedi M. Minghetti, op. cit., appendice al vol. I, pag. 409 a pag. 418); A. Oriani, op. cit, lib. V, cap. II, pag. 426.
  2. Ruggero Bonghi ha raccontato a Luigi Morandi che, allorquando egli, nell’aprile del 1848, trovavasi a Roma, segretario della deputazione napoletana, inviata da quel Governo per fermare i patti della Dieta «Pio IX lo prese a quattr’occhi e, senza accorgersi della sconvenienza che commetteva, gli fece intendere che se mai i Napoletani avessero voluto tentare qualche novità, si fossero sempre ricordati dei diritti della Santa Sede sul regno», (L. Morandi, op. cit., vol. I, pag. 218, in nota).