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414 ciceruacchio e don pirlone

luta deficienza, che era in Pio IX, di ogni senso politico, di ogni tatto diplomatico, di ogni esperienza delle umane cose. Solamente in quel piccolo intelletto di parroco di campagna, solamente in quella coscienza imbottita di scrupoli e di paure di quel Don Abbondio della tiara poteva penetrare e trovar accoglienza questo pensiero: che l’Austria, fatta potentissima dalla Allocuzione del 29 aprile e dalle diserzioni che ne sarebbero stata la legittima conseguenza, che l’Austria, la quale per conseguenza veniva a trovarsi a fronte del solo Piemonte, cesserebbe dalla guerra, in cui oramai cominciava ad arriderle la vittoria, e che ne cesserebbe unicamente perchè il Papa la esortava a desisterne!

Quella lettera, che fu recata soltanto ventiquattro giorni più tardi da monsignor Morichini all’Imperatore, il quale non ne fece alcun conto, rinviandola a Vienna ai suoi Ministri, che ne fecero ancora minor conto che non ne avesse fatto lui, non commosse nessuno, non persuase nessuno, non suscitò speranza in alcuno: lo strale era uscito dall’arco e non v’era forza umana che potesse ritrarlo indietro: tra l’Italia rossa e la Santa Sede ogni vincolo era ormai infranto1.

E pure il Pontefice non poteva darsi pace di quei clamori; e, mentre il cardinale Lambruschini si allietava dell’Allocuzione, dopo la quale, affermano che egli esclamasse: Finalmente ha parlato da Papa!, il povero Pio IX continuava a domandarsi in che egli avesse offeso il sentimento pubblico; e tanto più si stupiva di quella grande agitazione in quanto che egli credeva a ciò che gli avevano assicurato, cioè che i mali intenzionati, gli agitatori, i rivoluzionari fossero andati tutti al campo!2.

Ma ogni tentativo, fatto per scemare od attenuare la gravità di quell’atto e di quelle parole, o per mitigarne o lenirne le irremediabili conseguenze, era vano: «quella solenne dichiarazione era una sconfessione. Fu il vero scoppio di una folgore per la causa delV indipendenza italiana. Cosi Pio IX,

  1. V. D’Arlincourt, op. cit., cap. IV, pagf. 56. Il lettore già comprende che per l’ignobile visconte calunniatore tutto ciò che in Italia non fosse prettamente legittimista e clericale... era rosso. E perciò nel libello da lui intitolato L’Italie rouge... tanto appare rosso il Balbo quanto il Mazzini.
  2. G. Montanelli, op. cit, vol. II, cap. XXXIX, pag. 243; Anatole de la Forge, op. cit, tom. II, pag. 297 et suiv.