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Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/46

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capitolo primo 39

insegnatore e guida a tutti gli altri e che tre secoli di sventure, di divisioni e di servaggio avevano gettato nel fondo di un letamaio, ove, Giobbe derelitto, era esposto agli scherni dei suoi servi di ieri l’altro, dei suoi discepoli di ieri, i quali, obliosi del passato, tronfii del presente, la terra abitata da quel popolo espressione geografica e terra de’ morti appellavano.

Il Primato del Gioberti - oggi poco letto e poco curato e che tornerà, io lo credo fermamente, nel dovuto onore fra i libri indispensabili al nazionale insegnamento - qual pur esso si sia, e con tutte le esagerazioni e gli errori che in sé racchiude, è proprio il grido della coscienza di un popolo che, virtualmente è già rigenerato e risorto e il quale, volgendo gli occhi della mente e del cuore al gloriosissimo suo passato, è pronto a frangere i ceppi della servitù, per avviarsi, fidente nelle sue forze, verso un glorioso avvenire.

E siccome il Gioberti è cristiano, è cattolico, è credente profondamente convinto, cosi egli vede una delle più fulgide glorie italiane nel Papato: quindi nel Papato spera e a lui affida l’opera della rigenerazione civile d’Italia. Utopia e visione di un’anima santamente entusiasta, che avranno, fra breve, una solenne smentita dai fatti e svaniranno, e si dilegueranno da quella stessa mente che le aveva concepite: ma utopia e visione alte e generose, le quali, nel loro stesso vanire, recheranno agl’Italiani grandissimo beneficio, illuminandoli sulla vera indole del Papato, istituzione essenzialmente dogmatica e perciò incompatibile con la scienza, istituzione essenzialmente universale e perciò non suscettibile di impronta italiana e di affetto nazionale.

E il Gioberti, convinto di tutto ciò dalla dura esperienza dei fatti, con esempio rarissimo ed ammirevole fra i creatori di sistemi e di dottrine, si disdisse, si corresse e additò agi’ Italiani la nuova via da seguire nel Rinnovamento, profetando, nel 1851, la fine del potere temporale, l’unità nazionale con Roma capitale e sede, al tempo stesso, del capo dello Stato e del capo del Cattolicismo1.


  1. Il Berti (op. cit., § 7, pag. 15), nota questo mutar di partiti e i dissidi e i contrasti che si riscontrano nella vita e nelle opero del Gioberti, e nota che mutazioni e dissidi sono in lui determinati dal desiderio di conseguire il nobile e altissimo fine. E l’illustre uomo nota giustamente. Ma io