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stica, e della Introduzione allo studio della filosofia, in cui quella insurrezione si confermava e si allargava, con grande lucidità di dettato e con stringatezza formidabile di ragionamento: e nell’uno e nell’altro libro aveva trovato modo di esplicare l’adorazione sua per l’Italia e l’ammirazione che egli nutriva per la storia e per la civiltà di essa, e aveva pronosticato alla propria patria la prossima resurrezione e uno splendido avvenire. E aveva continuato nella sua duplice missione di rinnovatore filosofico e politico nelle ulteriori sue opere Del bello, un sapiente trattato di estetica, con profonda dottrina critica e con sottilissimo acume dettato, e Degli errori filosofici di Antonio Rosmini.

Ma il suo Primato morale e civile degl’Italiani è opera che solamente il più caldo, il più generoso, il più santo amore di patria poteva inspirare. «In questo libro singolare per il titolo, più singolare ancora per le cose contenute, l’esule prete intonava su terra straniera l’inno del risorgimento italiano. Benchè scritto in prosa, esso si può tuttavia qualificare come inno, tanto è vivo il linguaggio che l’autore adopera e tanto poetici l sentimenti da quello espressi» 1.

L’affetto ardentissimo, che l’autore nutre per la sua diletta Italia, lo induce a adoperare tutti i suoi seri e amplissimi studi sull’antica e sulla moderna civiltà alla dimostrazione di una tesi, che all’autore sembra verissima e incontrastabile; gl’Italiani e nell’antica e nella medioevale e nella moderna storia, e per eccellenza di ingegno e per valore di trovati e per sapienza d’insegnamenti, essere stati, e avere in sè capacità di essere per l’avvenire, i maestri e gli antesignani della umanità sulle vie della civiltà e del progresso. Quando anche in questa affermazione fosse pure stato alcun che di esagerazione - ed effettivamente c’era - essa non mancava d’esser vera in buona parte e là, dove tale non era, pel calore, per l’eloquenza, quasi inspirata, del dottissimo autore vera quasi evidentemente appariva: opera santa di rivendicazione della dignità morale, della grandezza intellettuale, dello splendore storico di un popolo, che fu due volte

  1. Domenico Berti, Di Vincenzo Gioberti riformatore politico e ministro con sue lettere inedite, Firenze, P. Barbèra, editore, 1881, § 16, pag. 31 e 32. Cf. con Garnier-Pagés, op. cit., tom. I, liv. I, cap. I, § 8, pag. 16.