Pagina:Ciceruacchio e Don Pirlone.djvu/90

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capitolo secondo 83

vigorosa, di petto sporgente, di spalle larghe e quadrate, colato, per così dire, tutto d’un pezzo da un’antica stampa, egli possedeva un braccio di ferro. La sua volontà non conosceva ostacoli: gli ostacoli accrescevano la sua volontà. Sensibile e compassionevole egli si compiangeva di proteggere con la sua forza l’altrui debolezza, e di consolare con la sua carità l’altrui miseria1.

Che l’eloquenza naturale, spontanea nella sua forma dialettale, impetuosa e vera, perchè prorompente dal cuore, usata spesso da Ciceruacchio non fosse quale la descrive lo Spada di grossolane parole, lo attesta Antonio Pandullo di Tropea, che lo udì parlare al Circolo popolare, la sera del 2 maggio 1848, per persuadere gli animi concitati dalla pubblicazione dell’allocuzione papale del 29 aprile ad attendere qualche altro giorno per giudicare della validità delle promesse già fatte dal Papa e dai ministri per riparare agli effetti disastrosi dell’allocuzione medesima. «Il benemerito e tanto famoso Ciceruacchio — scrive Pandullo — prese la parola con ben altra eloquenza che con quella dell’arte, l’eloquenza veemente ed istintiva, quella d’un cuor franco e generoso che sente il bene della patria in periglio»2.

Tale era dunque Angelo Brunetti nel momento in cui in Roma cominciarono le feste e i tripudi in onore del pontefice Pio IX; nelle quali «mirabil cosa fu poi e più vera che credibile, come, in tanto universale commovimento d’una città immensa, l’ordine non fosse mai, benchè menomamente turbato»3.

Ma che spontanee fossero e sincere quelle impetuose manifestazioni di gratitudine lo prova il fatto che esse avvennero ugualmente e contemporaneamente in tutte le città dello Stato, non appena l’editto di amnistia vi fu pubblicato4.


  1. A. Balleydier, Storia della rivoluzione romana, Livorno, tip. G. Antonelli, 1851, cap. II, pag. 37 e 38.
  2. A. Pandullo, Fatti ed avvenimenti politici di Roma e di Calabria, di Sicilia e di Napoli, Palermo, 1849, pag. 585.
  3. O. Gigli, op. cit., pag. 11.
  4. Cesare Balbo, Lettere di politica e di letteratura, Firenze, Felice Le Monnier, 1855, dove nelle Lettere politiche al signor D⁂, scritte nel dicembre 1846 a proposito delle dimostrazioni per l’anniversario centenale della cacciata degli Austriaci da Genova, anzi contro le dimostrazioni — sempre con ottimo intendimento di far camminare la storia secondo i preconcetti proprii,