Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/189

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novella de la rotta e prigionia del figliuolo e che ’1 popolo di Napoli giá faceva tumulto e gridava: — Mora Carlo e viva Roggero di Loria; — il perché, indignato de la levitá e infedeltá de’ napolitani, andò irato a Napoli e non volse smontare al porto, ma sopra la chiesa del Carmine con intenzione di bruciare Napoli. E stette assai in questo pensiero; pur vinto da le preghiere del legato apostolico e di alcuni buoni e innocenti cittadini, perdonò a la terra: ma de li altri ne fece impiccare cento e cinquanta piú colpevoli di quello eccesso. Poi si diede con tutto il pensiere ad armare a Napoli e Brundusio per passare in Sicilia, e tanta armata fece che al tempo de l’autunno si ritrovò a Crotone 120 galee oltra li altri navigli; ma vedendosi venire l’inverno addosso e non avere vittuaglie né denari abbastanza, fece disarmare a Brundusio, con intenzione di uscir fuora potente a la primavera sequente, e in questo mezzo far provvisione a denari e vittuaglie opportunamente. Cosi tornando a Brundusio per sollecitare quello era ordinato, essendo a Foggia in Puglia, da affanno e malinconia oppresso si ammalò; e tolti li debiti sacramenti, passò di questa vita il di settimo di febraro 1285, avendo vissuto anni cinquantasei e regnato diciannove. Il suo corpo portato a Napoli fu con regali esequie e con immensi onori ne l’Arcivescovato sepolto. In quel tempo dui cardinali, che erano stati mandati in Sicilia da Martino IV per trattar la concordia col re Piero, non lo potendo indurre a cosa alcuna che a loro piacesse, aggravorono la escomunicazione contra il re Piero, e non solo contra lui, ma ancora contra siciliani con incredibil loro displicenza, e partirono di Sicilia. I siciliani tutti accesi d’ira, avendo in quello sentita la morte del re Carlo, corseno a le prigioni ove erano il resto de’ francesi presi da Roggero, per ammazzarli, ma difendendosi virilmente i francesi, per minor fatica e pericolo misono fuoco ne le prigioni e tutti li bruciorono; convocorno poi li sindici di tutte le terre di Sicilia a giudicare Carlo principe di Salerno, che era prigione con li suoi nove compagni, ad imitazione del re Carlo quando fece giudicar Corradino. Tutti di comune concordia giudicorono