Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/300

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Fernando, avuta la bolla de la sua privazione, al futuro concilio se n’appellò; ma la fortuna piú pronto rimedio li presentò a le molestie, le quali se li preparavano contra, però che ’l sequente mese Calisto, giá vecchio di ottanta anni, pochi giorni infermato, mori.

Non per questo però cessorono li movimenti nel reame, ma ritrovandosi in Italia e in Genova Giovanni detto duca di Calabria, figliuolo di Renato (come è detto di sopra), morto Alfonso, la parte angioina di quel regno tutta stava intenta a far tumulti e movimenti in ogni occasione che se li presentasse. E benché Francesco Sforza duca di Milano avesse mandato subito dui suoi oratori, Giovanni Caimo e Orfeo da Ricano, a li principi del reame a confortarli a perseverare ne la fede di Fernando nuovo re, e la maggior parte, o per amore o per forza, stessino quieti; nondimeno alcuni nobili, per odii antichi tra loro e per naturale affezione a la parte francese, stavano sollevati, e massimamente Giovanni Antonio principe di Taranto, il quale fu capo e autore, morto Alfonso, de la coniurazione de li baroni contra Fernando e di tutte le dissensioni del regno. Per le qual cose Fernando, con l’aiuto e consiglio del duca di Milano, ogni diligenza poneva in stabilirsi nel regno; e dubitandosi di Pio li senese, che nel pontificato a Calisto era successo, non volesse perseverare ne la impresa cominciata da Calisto contra Fernando, la fortuna offerse occasione allora al nuovo re e al duca di Milano di farselo benevolo, e non solo di rimuoverlo da la impresa, ma farlo fautore e adiutore de la parte di Fernando. Imperocché, avendo Calisto fatto duca di Spoleto e di tutta quella provincia de l’Umbria Pierluigi Borgia, un catalano che in custodia avea la rocca di Assisi, vedendo che per la morte di Calisto le cose del Borgia andavano in ruina, diffidandosi poterla tenere, la donò al conte Iacopo Picinino, il quale allora si ritrovava a li danni di Sigismondo Malatesta (come è detto). E il conte, avuto quella rocca, occupò ancora la cittá, e appresso quella, ancora Gualdo e Nocera terre di quel ducato, con intenzione di acquistarsi uno stato in quella provincia: