Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Compendio de le istorie del Regno di Napoli, 1929 – BEIC 1787614.djvu/46

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di una mandria, senza esser tocche o oppresse da ruina, in un subito cadetteno morte, e molti uomini per il terremoto si alienorno di mente e cosi poi sempre insensati e mentecatti vissono.

Ma l’anno primo de lo imperio di Tito, il monte Vesevo, detto oggi di Summa, vicino a Napoli, a similitudine del monte Etna di Sicilia, buttò fuora de la cima fumo e foco e globi di miniere sulfuree e sassi ardenti, con strage grande di molti uomini e notabile danno di molti lochi circostanti. E fu allora che Gaio Plinio, scrittore de VIstoria naturale, essendo prefetto de l’armata la quale i romani tenevano al Miseno, vago di indagar sottilmente la forma, la natura e la causa di tanto incendio e vomito di fuoco, tiratosi a le radici del monte con una galea e smontato in terra, non per ruina o per fuoco o per cosa che avesse, ma per oppilazione e constrizione de l’arteria del polmone causata da quelli fumi densi e sulfurei, in un subito mori; in quel loco, per molti indizi, il quale affermano li dotti che oggi è chiamato la Torre di Ottavi: non per altro però cosi detta che per esser da Napoli otto miglia lontana. E fu tale il caso di questo incendio che Tito creò un nuovo magistrato di uomini consulari, i quali si chiamorno curatori de la restituzione di Campania, che avessino a riedificare e reconciare li lochi guasti, e dispensare li beni di coloro che oppressi da l’incendio non aveano lasciato eredi, in riparazione e ristoro de le terre dannificate. Dappoi questi due casi, il regno quieto e beato sotto il romano imperio si stava, da’ suoi pretori e altri magistrati governato. E avendo molti lochi piacevoli e da ozio in molte sue parti, a l’amenitá di quelli li uomini si davano e non essendo da esterne nazioni vessati, felici chiamar si poteano. Ma come la sede imperiale fu transferita in Constantinopoli e l’imperio romano cominciò a poco a poco diventare, non solo di sito e di lingua, ma di costumi, greco, e per consequente declinare da la sua pristina virtú e gloria, cosi con Roma l’altre provincie italiane ancora, e massimamente questa de la quale parliamo, cominciorno per espe-