Pagina:Collenuccio, Pandolfo – Operette morali, Poesie latine e volgari, 1929 – BEIC 1788337.djvu/189

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     La grazia, quale aver noi dovevamo,

come maggiori e piú sufficienti,
lui la toglieva e noi la perdevamo:
     per questo ancora noi non fummo lenti,
come s’offerse a noi l’occasione,
mostrar che intendevamo so’ andamenti.
     Mo che l’è fatto, non seria ragione
che noi non ci accordassimo a tacere,
ché seguiria peggior condizione.
     Basta che ’l padre nostro, giá al vedere,
noi non incolpa, e il vizio ch’è coperto
vizio non è, secondo il mio parere.
     Dura cosa ancor era pur per certo
che con quelli so’ insomni dominasse:
quest’era tradimento troppo aperto.
Ruben.   Parlar di quelli insomni vo’ che lasse,
perché non è ragion sufficiente,
che questo mal per noi si perpetrasse;
     perché, se- vói intender sanamente,
li insomni tutti giá non son da credere,
ché ne son di piú sorte intra la gente.
     Perché alcun son, che sogliono procedere
da cure e da pensieri et altri effetti,
da crapula e da vin, che i fan succedere:
     chi sopra questi fésse i soi concetti,
lui prima vano, e il somnio poi seria,
nel creder che da questi il ver s’aspetti.
     Alcun nascon d’umor, malinconia,
collera, flegma e sangue, che presentano
imagin varie ne la fantasia:
     a questi i mendicanti sol consentano,
ma per pronosticare il ver son tardi,
però che li atti uman non representano.
     Alcuni insomni son di gran riguardi,
se vengon per celeste infusione:
questi son veri e mai non son busardi.