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cosa? Forse di vedersi mal vestito, con un cappellaccio in capo di lana bianca, una camicina tutta sbrindellata, e un paio di pantaloncini così corti e striminziti, che gli arrivavano appena a mezza gamba.

— Povero Pulcinella! — disse un giorno Alberto, compiangendolo sinceramente — se tu mi tieni il broncio, non hai davvero tutti i torti. Io ti mando vestito peggio di un accattone.... ma lascia fare a me! Fra poco verranno le feste di Natale. Allora potrò rompere il mio salvadanaio, e con quei quattrini, voglio farti una bella giubba, mezza d’oro e mezza d’argento. —

Per intendere queste parole di Alberto, occorre vertire che la Contessa aveva messo l’uso di regalare a’ suoi figli due o tre soldi la settimana, a seconda s’intende bene, de’ loro buoni portamenti. Questi soldi andavano in tre diversi salvadanai: il salvadanaio di Luigino, quello di Alberto e quello dell’Ada. Otto giorni avanti la pasqua di Natale, i salvadanai si rompevano, e coi danari che vi si trovavano dentro, tanto la bambina come i due ragazzi erano padronissimi di comprarsi qualche cosa di loro genio.

Luigino, com’è naturale, aveva pensato di comprare per il suo cavallo una briglia di pelle lustra con le borchie di ottone, e una bella gualdrappa da potergliela gettare addosso quando era sudato.

L’Ada, che aveva una bambola più grande di lei, non vedeva l’ora di farle un vestitino di seta, rialzato di die-