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Cecco portò una seggiolaccia tutta sgangherata: Gigino vi si arrampicò, e inforcando il cavallo con la gamba sinistra invece che con la destra, si trovò col viso e con tutta la persona voltato verso la coda dell’animale.
Allora Cecco, sbellicandosi dalle risa, cominciò a gridare:
― No, sor Gigino, no, l’ha sbagliato uscio: la si rigiri di là; perchè la testa del cavallo è da quell’altra parte.
― Lo so, lo so; ― rispose Gigino con molta disinvoltura ― ma per tua regola, quando io monto a cavallo, ho la precauzione di voltarmi prima dalla parte della coda....
― Perchè?
― Perchè, caro mio, le precauzioni non sono mai troppe.
― Ora ho capito, ― disse Cecco, che non aveva capito nulla.
Intanto, a furia di sforzi inauditi, Gigino si rivoltò con tutta la persona verso la testa del cavallo: e compiuta appena questa difficile manovra, sarebbe sceso volentieri, ma gli mancò il tempo.
L’irrequieto animale, senza aspettare l’invito del cavaliere, staccò subito un mezzo galoppo. Figuriamoci Gigino! lui, che non aveva cavalcato mai altri cavalli che un bellissimo puledro di legno, compratogli dalla sua mamma per regalo del Capo d’anno! Quanti salti e quanti balzelloni sulla groppa secca del matto! Il povero figliuolo ora dondolava da una parte, ora dondolava dall’altra.... e Cecco? Quella birba di Cecco, a gambe larghe in mezzo alla strada, godendosi la scena del suo padroncino, che da un momento all’altro era lì lì per fare un gran capitombolo, si mandava a male dalle grandi risate.