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In quel mentre si fecero avanti sedici scimmioni, che portavano sulle spalle una magnifica lettiga, adorna di foglie, di fiori e di bellissime frutta.

La scimmia, che faceva la parte di gran cerimoniere, dopo avere strisciato due profondi inchini, disse rispettosamente al nuovo imperatore:

― Maestà, su, da bravo! Ora tocca a voi.

― Tocca a me? E che cosa debbo fare?

― Per amore o per forza, degnatevi di saltare su quella lettiga.

― E quando sarò saltato lassù, dove mi condurrete?

― Al palazzo imperiale, dov’è la vostra residenza e il vostro letto. ―

Pipì, a queste parole, fece una certa smorfia, che tradotta in lingua parlata, pareva che volesse significare: «A dir la verità, io dormirei più volentieri sopra un ramo d’albero, come ho fatto finora, che sopra un letto imperiale.» Tant’è vero, che rivoltosi al gran cerimoniere gli domandò con tono agrodolce:

― Scusate, amico: io sono il vostro imperatore, non è vero?

― Verissimo.

― E che cosa vuol dire imperatore?

― Vuol dire che voi siete una scimmia che comandate a tutte le altre scimmie, e che ogni vostro cenno e desiderio dev’essere immediatamente obbedito.

― Quand’è così, dichiaro francamente che, invece di andare in lettiga, preferisco di camminare a piedi.

― Mi dispiace, Maestà: ma voi non potete farlo.

― Perchè non posso farlo?

― Perchè un imperatore, che cammina a piedi, non è